Panoramica sulla complicata campagna elettorale sarda

Tentare una panoramica su queste elezioni regionali è un’operazione, per l’osservatore, tanto doverosa quanto complicata.[Emiliano Deiana]

Panoramica sulla complicata campagna elettorale sarda
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11 Gennaio 2014 - 16.32


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di Emiliano Deiana

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Tentare una panoramica su queste elezioni regionali è un’operazione, per l’osservatore, tanto doverosa quanto complicata. Bisogna cercare di focalizzare i temi, le persone, i candidati e verificarne l’aderenza con quanto si è capito – che l’osservatore ha capito – della comunità sarda, delle sue difficoltà, dei suoi problemi e delle sue aspirazioni.

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Centrodestra: ricandidare il Presidente uscente Ugo Cappellacci rischia di non essere stata una gran trovata benché rappresenti il punto di equilibrio per tenere insieme una coalizione balcanizzata da cinque anni di guerre intestine. Cinque anni caratterizzati dalla politica degli annunci, dall’azzerbinamento sul Governo “amico” e dalla giravolta spaziale con la riscoperta del sacro fuoco dell’autonomismo con venature vetero-indipendentiste. La crisi neanche intuita quando esplodeva in tutta la sua virulenza, i centomila posti di lavoro promessi e i quasi centomila persi consegnano un saldo negativo pauroso, tutti gli indicatori economici negativi, una sfiducia nel futuro tanto diffusa quanto devastante. Dalla sua parte, però, il Presidente della Regione ha avuto un uso spregiudicato delle leve di potere che gli hanno consentito, dopo un inizio di sostanziale nascondimento alle comunità locali e ai mass-media, di essere in campagna elettorale da almeno due anni. Una campagna elettorale fatta più di annunci, come detto, che di concrete realizzazioni, ma che gli ha consentito di girare sapientemente il territorio regionale elargendo l’idea di un grande indaffaramento, di indefesso impegno al servizio della comunità sarda.

Se si guardasse, come si dovrebbe guardare, ai risultati di governo piuttosto che al movimentismo degli ultimi mesi probabilmente Cappellacci non sarebbe stato neanche candidato. Ma in una società che rumina notizie alla velocità della luce è possibile riscostruirsi una verginità politica in pochissimo tempo avendo cavalcato la madre di tutte le battaglie: la Zona Franca Integrale. Una battaglia che, al di là di come la si pensi nel concreto, ha venduto un sogno e un’illusione: la speranza di vivere in uno Stato nel quale non si pagano più imposte. È, dal punto di vista politico, il capolavoro e la sublimazione da parte di Cappellacci degli insegnamenti di Berlusconi che, almeno su questo, non potrà che essere orgoglioso dell’allievo. Anche se, a differenza del 2009, egli non potrà essere in Sardegna a fare la campagna elettorale con tutto il suo potenziale di impatto emotivo e di carica disgregatrice per le forze che gli si oppongono.

Centrosinistra: nella situazione peggiore, il gruppo dirigente del Pd e del centrosinistra, una la ha azzeccata. Forse per disperazione, forse per calcolo, ma la scelta di Francesco Pigliaru ha rilanciato le possibilità di vittoria dei progressisti sardi. Una scelta che da sola, lo sanno anche i bambini, non basta e non può bastare. Il balletto di queste ore sulle liste, l’eterna incertezza sulle deroghe e sulla candidabilità degli indagati fa esplodere, più sui Social che nel ventre della comunità isolana, le isterie, i mal di pancia e le incongruenze di un gruppo dirigente che solo nell’estrema difficoltà riesce ad avere uno scatto di intelligenza e di acume politico. Il sacrificio, da solo, di Francesca Barracciu appare ai più un’incongruenza più che una trovata necessitata dalla contingenza relativa alle inchieste della magistratura. Il dilemma sul garantismo a targhe alterne confonde la militanza e rischia di disaffezionarla nel momento topico della campagna elettorale. Il candidato alla Presidenza Pigliaru, benchè nutra di un apprezzamento diffuso, rischia di essere percepito come un ripiego, rischia – se non acquisterà nelle prossime ore maggiore intraprendenza ed autonomia – di essere visto come una propaggine del passato più che un investimento sul futuro. Sui temi il Centrosinistra parte, nonostante i disastri della legislatura Cappellacci, in difficoltà. Paga forse un’opposizione fatta col fioretto più che con la sciabola per via di una visione “consigliocentrica” della dinamica politica e sociale. Bisogna rilanciare i temi dell’economia e del lavoro; da un lato mostrando i disastri della Giunta Cappellacci e dall’altro zappando il terreno da sotto i piedi al movimentismo murgiano. Beni comuni, paesaggio, etica pubblica, equilibrio della spesa, investimenti sulla scuola sono parole d’ordine in grado di mobilitare l’elettorato già convinto ed affezionato (al netto dei mal di pancia). Occorre verificare quanto l’immedesimazione di questi temi con il corpo del candidato alla Presidenza farà breccia in un elettorato stanco, depresso e alle prese con la sopravvivenza del quotidiano. Pigliaru dovrebbe rilanciare i temi delle servitù militari e delle bonifiche industriali, dire parole di verità su un modello – che deriva dai Piani di Rinascita – che ha mostrato tutti i suoi limiti e i suoi inganni. Il candidato alla Presidenza, anche in maniera simbolica, dovrebbe assumere – secondo l’umile consiglio di chi scrive – la vertenza dei pastori sardi come centrale per riconnettere il Centrosinistra con i bisogni profondi di questa terra: beni comuni, paesaggio, ma anche un modo nuovo (ed antico) di essere nel mondo, un modo nuovo (ed antico) di produrre e di essere insieme (pastori, trasformatori e consumatori) per declinare la ragione sociale del Pd: il superamento la lotta di classe per sancire l’alleanza fra chi produce.

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Sardegna Possibile: sono quelli che, dal punto di vista della campagna elettorale, stanno meglio: hanno tutto da guadagnare e niente da perdere. Non hanno nulla da farsi perdonare dai sardi, hanno un grande entusiasmo anche se pagano un radicamento sul territorio e un’organizzazione deficitaria. I temi, depurati di qualche novità dell’ultima ora – con l’alleanza con il popolo delle partite iva – come l’adesione alle illusioni della Zona Franca, appaiono quelle del sorismo del 2004. Grande attenzione ai beni comuni, alle produzioni di nicchia, all’ambiente, all’agricoltura, alle modalità di prodursi il cibo, di consumare. Un’attenzione benefica alla cultura e all’istruzione per disegnare una Sardegna diversa fra dieci, venti, trenta anni. Un atteggiamento un po’ annacquato sulle ragioni della lingua sarda che rischia, se affrontato d’impeto, di creare più polemiche che consenso. La figura di Michela Murgia ha attratto molto il ceto intellettuale, ma non si sa quanto sia capace di entrare nelle viscere della comunità sarda. La sua è una scommessa che tenta di mostrare Centrodestra e Centrosinistra identici e coincidenti se non negli schieramenti, negli interessi da tutelare e porsi come unica mediatrice fra gli interessi dei sardi e il potere. A favore di Michela Murgia gioca anche il caos delle liste del M5S che non ha consentito ai seguici sardi di Grillo di presentare un candidato per la Presidenza della Regione. Anche se a dire il vero l’elettorato più politicizzato del M5S era già orientato nel sostenere la scrittrice di Cabras.

Da valutare a posteriori cosa comporterà in termini di consenso (cosa diversa dal Progetto) quelli che i sostenitori della Murgia chiamano “coerenza” e che i suoi detrattori chiamano “integralismo” ovvero l’avversione a qualsiasi tipo di accordo, di trattativa, di discussione con le forze che si richiamano al progressismo sardo con l’obiettivo di mandare a casa Cappellacci e promuovere un Governo di cambiamento per la Sardegna. Michela Murgia preferisce la rivoluzione, questo è certo. È da capire se i sardi preferissero un serio, ma più a portata di mano processo di cambiamento guidato dalle forze di progresso.

Refrattari ed astensionisti: rischiano di essere i veri vincitori delle elezioni. E anche quelli che, nel caso decidessero il 16 febbraio di recarsi alle urne, di decidere vincitori e vinti. Il problema che hanno tutti gli schieramenti è esattamente questo: come porsi nei confronti di queste persone disilluse non tanto dalla politica quanto dalla politica che si è sviluppata in Sardegna negli ultimi 5 anni. Quale Sardegna mostrargli, quali orizzonti indicargli, quale speranza donargli senza correre il rischio che quelle parole risultino vane e false?

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Ecco, al di là degli opliti già schierati, vincerà chi sarà in grado di accendere una speranza. O di addormentarla definitivamente decidendo di contare sul grosso degli eserciti, sul voto fidelizzato in una campagna, sostanzialmente, rivolta a chi ha già deciso.

Social Network. Sono cosa diversa dalla realtà. Quella realtà è, dal punto di vista politico, un fronte a sé. Si scontrano quelli che, come si diceva prima, hanno già deciso. Si scontrano le prime linee, si utilizza la clava, non l’argomentare. Un buon candidato utilizzi i Social per veicolare messaggi, non per capire le dinamiche della comunità sarda. Perché le delusioni saranno delle più cocenti se si pensasse, anche per un momento, che le dinamiche di Facebook siano quelle dei paesi e delle città della Sardegna.

Buona campagna elettorale, dunque. Con la consapevolezza che concentrare le proprie argomentazioni solo sulle presunte schifezze degli avversari non pagherà neanche questa volta come, credo, abbia mai pagato.

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