Osservando in questi giorni l’incontro di Davos abbiamo avuto conferma – più di altre volte – di quanto il mondo sia interconnesso e di quanto l’Europa sia indietro. Rispetto alla situazione attuale ma anche per il futuro con riferimento alle economie più forti e in sviluppo. Il presidente della Bce Draghi ha sottolineato i miglioramenti
raggiunti e che la Banca europea continuerà a fare la sua parte ma che spetta ai governi nazionali proseguire con le riforme per la ripresa e la lotta senza respiro al dramma dell’occupazione giovanile.
Faceva un certo contrasto con questo scenario il dibattito italiano tutto incentrato sulla legge di riforma elettorale, argomento importantissimo come ci ripetiamo da anni, ma certo non solo l’unico. La sua esclusività
ed esasperazione può finire per apparire argomento riservato ai politici ed ai partiti ,accrescendo la distanza ed il distacco dei cittadini dalle Istituzioni e dalla politica. Lo scopo della riforma elettorale e delle altre riferite alla trasformazione del Senato e alla modifica del titolo V della Costituzione è in effetti proprio quello di rinnovare a fondo il nostro sistema politico istituzionale.
Eppure il modo di procedere e le incomprensioni tra il segretario del Pd ed il presidente del Consiglio possono suscitare il sospetto che ancora una volta ragioni di partito e preoccupazioni di leadership vengano anteposte agli interessi generali. La stessa gara di primogenitura aperta dal Cavaliere che rivendica a Forza Italia l’impostazione del disegno riformatore da almeno 20 anni, quando Renzi non era neppure sindaco rischia, quanto meno, di appannare e ricondurre ad una logica di parte temi e problemi non riducibili in alcun modo allo schema
di vincitori e vinti.
Una preoccupazione analoga del resto nasce dalle sfumature o punture di spillo che si manifestano nei rapporti tra Renzi e il presidente del Consiglio. Avere tardato o rinviato gli appuntamenti per l’agenda per il 2014 non è stato un buon servizio per il Paese e per l’azione che il presidente del Consiglio dovrà intensificare in Europa
già dal prossimo vertice di fine gennaio. Il ruolo dei partiti e del governo sono differenti e non possono che rimanere distinti proprio per meglio assolvere quella funzione di sollecitazione e di stimolo positivo che le forze
politiche,specie di maggioranza, devono contribuire ad esprimere per rendere sempre più efficace ed adeguata l’azione dell’esecutivo.
Ma se ci si riduce a fare reciproci dispetti, con battute e dichiarazioni più o meno brillanti, a ogni piè sospinto, l’azione del governo inevitabilmente si logora nei confronti dell’opinione pubblica, ed anche i partiti finiscono per apparire legati a quella vecchia politica che avrebbero dovuto modificare.
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