Una scrittrice perché in Sardegna le donne contino

Intervista a Michela Murgia, unica donna a correre per la guida della regione Sardegna. La regione dove la parità di genere è stata bocciata. Di [Claudia Stamerra]

Michela Murgia
Michela Murgia
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11 Febbraio 2014 - 01.05


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Indipendentista (da sempre), scrittrice (ha giá vinto un premio Campiello), unica donna a correre per la guida della regione Sardegna. Di certo é il fenomeno politico piu´ singolare degli ultimi anni. “Sardegna possibile” coalizione a tre liste nata dal territorio, ha puntato su di lei. Lei vuole un´isola dove le donne contino.

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Tra meno di una settimana, il sedici febbraio, sull´isola si vota. Unica donna in un parterre di uomini.

La vivo male. Vivo male il fatto che che piu´ di metá della societá sarda non sia rappresentata per genere in modo significativo. Il potere tradizionale ha modalitá maschili di gestione. Mi riferisco alla prospettiva di visione. Si puo´ essere maschilisti anche senza essere maschi. Abbiamo avuto tanti esempi nella storia. Margaret Thatcher, Angela Merkel. Il modo maschile di gestire il potere é sottrattivo. Io ce l´ho perché te l´ho preso. E quindi l´idea gerarchica del possesso e della sottrazione, un modo che uomini e donne al potere hanno sempre utilizzato.


Esistono altri modi?

Esiste un modo differente di gestire il potere, piu´reticolare. Un modo femminile. E questo non perché le donne siano migliori, ma perché pochissime donne nella storia hanno dominato altre donne. La maggior parte di loro hanno dovuto collaborare per essere potenti insieme, e non l´una contro l´altra. Pensiamo solo al bipolarismo. Ha causato una forte personalizzazione dei leader delle coalizioni. Invece presentarsi con una squadra, é diverso. Primus inter pares, dove la parola che conta di piu´peró non é primus, ma pares. E´un altro modo di suggerire, é un modello nuovo.

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Come pensi che la tua visione possa contribuire al cambiamento della Sardegna?

La visione reticolare del potere, la visione femminile, si sposa con una natura intrinseca della societá sarda. In Sardegna circola una leggenda nera, che dice che noi non siamo capaci di collaborare.

In realtá credo che i sardi non amino le strutture gerarchiche mentre invece siano affascinati dalle strutture di rete. Ogni volta che c´é un capo, é situazionale. Persino i sequestri erano contratti a progetto, mettiamola cosí. Non é mai permanente. L´idea reticolare é giá propria della Sardegna. E´ la politica che deve adeguarsi. L´isola deve essere a misura di donna.

Un esempio concreto.

Un esempio concreto é “Liberos” il progetto che ha rimesso in piedi la piccola editoria in molte zone della Sardegna. Puntiamo sulla progettazione per micromodello, dove micro sta per abbastanza piccolo per essere controllato e con risorse calibrate, grande a sufficienza per dare risultati scalabili. Abbiamo quaranta progetti in ogni ambito produttivo per il primo, il secondo e il terzo anno. Io mi immagino la Sardegna come un´isola luminosa, dove i puntini verdi corrispondano a luoghi dove i micromodelli stanno funzionando. Agrari, educativi, artigianali. Una progettazione che ha richiesto piu´di tre anni e che ha dato giá risultati. Vogliamo progetti che non danneggino l´ambiente e la salute. E poi l´energia, senza inquinare. E rimettere in piedi i trasporti. Ed eliminare l´idea che i sardi siano “assistiti“.

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Indipendentismo.

Vedo una Sardegna indipendente. Non nel senso di stato, ma nel senso di macroregioni che hanno simili esigenze. Sono nazioni che prescindono dal concetto di stato, ma che hanno giá una forza propria, possono acquisire una forza economica e culturale a prescindere. E´ molto piu´sensato costruire relazioni internazionali tra macroregioni che hanno simili esigenze. Sono andata in Catalogna proprio per questo motivo.


Di cosa ha bisogno in questo momento l´isola?

L´isola ha bisogno di speranze e progettazione. Speranza non é una parola da sognatore. Quando la uso mi danno della sognatrice. Invece la speranza é progetto. È essere convinti che quello che stai facendo ha un senso a prescindere anche dal risultato. Se fossimo in letteratura, direi quella che sta vivendo la mia isola é una storia senza trama. Dove il narratore non sa dove andare a parare. Per cui nessuno puo´ essere davvero protagonista, tanto meno la Sardegna. Tanto meno le donne. Se prendessimo da un´emeroteca qualunque un giornale di vent´anni fa, si leggerebbero le stesse cose. Lo stesso attimo che si ripete. Non esistono competenze di gestione delle esistenze. Alla politica va chiesta visione, la capacitá di immaginare quello che ancora non c´é, capacitá di immaginare il futuro. La mia generazione ha gli strumenti per organizzarsi. Fino ad ora gli é mancato il coraggio. Ci sono sempre stati solo gli apparati tradizionali. Il risultato politico di quest´operazione sará l´aver creato uno spazio in cui l´alternativa possa tornare a parlare alle persone.

Nella riforma della legge elettorale sarda la paritá di genere é stata bocciata.

Ne penso ogni male possibile, penso che il potere cerchi di proteggere sé stesso. Il potere maschile cerca di impedire l´accesso ai luoghi del potere. Tra altro la paritá di genere non é stata aiutata dalla riduzione del numero dei posti in meno che sono passati da 80 a 60. Quindi venti posti in meno, posti in meno per le donne. La veritá é che l´unico modo previsto per accedere al potere é la cooptazione. Sono molto spaventata all´idea che la situazione resti cosí com´é. La prima cosa che va cambiata é la legge elettorale e lo sbarramento al 10 e 5 per cento. Una norma che serve a conformare e irregimentare le forze piccole, in omaggio alla disciplina di partito. Vorrei che si capisse che i vecchi modelli di partito non hanno piu´risposte. Dieci anni fa i comitati dei cittadini non esistevano, oggi sono una realtá. Bisogna tornare ad un altro modo di fare politica se si vuole salvare la Sardegna.

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