Il dissidente Mineo punta il dito: autogol di Renzi

Arriva l'espulsione di Mineo dalla commissione Affari costituzionali. Ma accusa: è un errore cercare di far passare in Commissione le riforme con un muro contro muro.

Il dissidente Mineo punta il dito: autogol di Renzi
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12 Giugno 2014 - 09.26


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Il Pd taglia fuori il dissidente Corradino Mineo dalla commissione Affari costituzionali del Senato. L’ufficio di presidenza del gruppo Pd ha deciso, con “larga condivisione”, che non vi siano più “sostituti temporanei” ma solo “membri effettivi” in commissione. Fino ad oggi c’erano tre sostituzioni: Pizzetti e Minniti erano andati al governo come sottosegretari e Chiti è presidente della quattordicesima commissione.

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Secondo quanto viene spiegato da fonti del gruppo, Mineo non era un membro permanente della commissione, dal momento che aveva sostituito Marco Minniti, andato al governo. Condizione in cui si trovavano anche altri due membri Pd della Commissione: Roberto Cociancich, subentrato a Luciano Pizzetti, anche lui entrato nel governo; e Luigi Migliavacca, sostituto di Vannino Chiti, che ha avuto un ruolo da presidente della commissione Politiche Ue.

Ieri sera l’ufficio di presidenza del gruppo ha deciso di rendere permanenti tutti i membri della prima commissione ma, nel farlo, ha confermati solo due dei tre membri-sostituti, Cociancich e Migliavacca, rimuovendo invece Mineo e facendogli subentrare Zanda. Mineo, senatore civatiano ‘dissidente’ tra i firmatari del ddl Chiti e tra i sostenitori della necessità di un Senato elettivo, perde quindi il posto.

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“È un errore: non è utile né a Renzi né al governo né al partito cercare di far passare in Commissione le riforme con un muro contro muro. E’ un autogol per il governo e per il partito”. Mineo commenta così all’Ansa la sua sostituzione. Sostituzione che ha appreso “solo in via informale da un collega”. “Non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale della mia sostituzione – racconta Mineo -, me l’ha detto il collega Walter Tocci, che a sua volta l’aveva saputo da altri…”. “E’ una decisione che non capisco e non approvo. Domani vedremo, per ora posso dire che non capisco la ratio di questa scelta. Non sono io il problema, il problema è uscire dall’impasse” che si è creata sul ddl del governo.

“È grave la sostituzione di Corradino Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato. E’ un errore politico. Una ferita all’autonomia del singolo parlamentare e al pluralismo interno del Pd. Un segno di debolezza per chi intende evitare di fare le riforme a colpi di maggioranza. Chiediamo alla presidenza del gruppo Pd del Senato di rivedere la decisione presa”. Così, invece, Stefano Fassina in una nota.

Sull’andamento dei lavori parlamentari”, dimostrandosi ottimista, il sottosegretario alle Riforme, Luciano Pizzetti ha detto ieri che la prossima settimana sarà decisiva, contiamo di portare il testo sulle riforme costituzionali in aula la prima settimana di luglio”. È ottimista Interpellato a margine della riunione della commissione Affari costituzionali del Senato, Pizzetti ha spiegato: “Sono sicuro che verrà meno l’ostruzionismo perché ci sarà un accordo politico. Ci sono trattative a tutti i livelli, anche se ora Renzi è in Cina, trattative che riguardano Forza Italia ma non solo, noi vogliamo parlare con tutti”.

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Il sottosegretario ha aggiunto che “andare in aula senza un relatore è un’ipotesi remota, è l’arma letale che abbiamo usato contro l’ostruzionismo”. E a chi gli chiedeva se il Pd intende sostituire Corradino Mineo come membro della commissione Affari costituzionali, vista la sua posizione diversa dal gruppo sulle riforme, Pizzetti ha risposto: “Il problema Mineo esiste perché in Commissione siamo 15 a 14 ma sarà il gruppo a decidere”.

Il senatore Pd, dal canto suo, ha replicato: “Il problema non è Mineo, la partita delle riforme è più complessa. Io non ne so nulla, con Zanda ci siamo chiariti dopo l’ultima assemblea del gruppo. Sarebbe insensato imporre le riforme 15 a 14 perciò è evidente che il problema non sono io e che nel gruppo non c’è compattezza. Il governo deve fare un atto per rimettere in positivo la discussione” e cioè “se facesse un’apertura sull’Italicum o sull’elettività del Senato l’accordo si farebbe in un attimo”.

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