Sel in crisi: Migliore e Fava lasciano il partito

A Montecitorio si parla di 10-13 parlamentari pronti a seguirlo e uscire dal gruppo. Anche Titti Di Salvo sulla strada delle dimissioni.

Sel in crisi: Migliore e Fava lasciano il partito
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19 Giugno 2014 - 17.12


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Volano stracci in casa Sel: Gennaro Migliore ha deciso di lasciare il partito. L’ex capogruppo alla Camera si è dimesso da tutti gli incarichi e – in una lettera inviata al presidente Nichi Vendola – ha comunicato la propria irrevocabile uscita dal partito. La decisione, raccontano, è maturata nella notte e nella tarda mattinata la lettera di addio a Sel era già pronta. Migliore dunque lascia ma non dovrebbe entrare almeno al momento nel Pd, secondo quanto riferito da fonti del Nazareno.

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Mercoledì sera l’ex capogruppo ha incontrato il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, e Francesco Bonifazi, tesoriere dem. Una chiacchierata a quattr’occhi, dopo la giornata ad altissima tensione culminata con le dimissioni, accettate da Nichi Vendola, da capogruppo di Sel.

Ora l’addio di Migliore a Sel potrebbe provocare un effetto domino. A Montecitorio si parla di 10-13 parlamentari pronti a seguirlo e uscire dal gruppo. Un vero e proprio smottamento contando che i deputati di Sel, al netto dei due passati al Pd, sono 34. Insomma, quasi un terzo del gruppo parlamentare potrebbe lasciare.

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Già sono arrivate le “dimissioni irrevocabili” di Claudio Fava che potrebbero essere seguite da quelle di Titti Di Salvo. Insomma, la scissione è ormai in atto. Arrivando alla riunione della segreteria, del resto, lo stesso Nichi Vendola aveva lasciato intendere che la frattura era ormai insanabile: “Io spero Gennaro Migliore continui la sua battaglia in Sel perché tra noi c’è libertà di dissenso e possibilità di capovolgere la linea politica. Ma – ha ribadito il leader di Sel – la linea politica è emersa dal congresso nazionale e dice che noi siamo opposizione al governo delle larghe-piccole intese”.

“Le mie posizioni sono ormai incompatibili con l’appartenenza al nostro partito”, ha scritto Migliore nella lettera a Vendola con cui comunica l’addio a Sel. “Mi fermo prima. Prima che qualcuno mi chieda improbabili ‘riallineamenti’ (come se si potesse riallineare un pensiero, un’idea, come qualche rappresentante del gruppo dirigente ha ventilato e non semplicemente constatare la lealtà che ho sempre manifestato in ogni organizzazione in cui ho militato)”.

“Prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea. Perciò rassegno le mie dimissioni irrevocabili dal coordinamento nazionale, da tutti gli organismi in cui sono stato eletto e dal partito stesso”, scrive Migliore. E spiega che mercoledì “è stata messa in discussione, di fatto, non l’espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica: il ‘sequestro della linea’, appunto”.

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“Per me si è rotto – si legge ancora nella lettera di Migliore – un vincolo di fiducia e quindi ho definitivamente compreso quanto sarebbe stata ‘inagibile’ una posizione politica dentro il mio partito se essa fosse stata continuamente letta alla luce di una profezia che si autoavvera. Non è giusto che tale fibrillazione permanente ‘disorienti’ i militanti, che sono la prima risorsa di Sel, e nel corpo largo del partito. Non è nemmeno giusto che la mia posizione venga descritta da alcuni come quella di un sabotatore”.

E poi le dimissioni di Claudio Fava. “Dimissioni irrevocabili”, una scelta “dolorosa e insieme inderogabile”, ha scritto in una lettera a Vendola. “La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo. Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario”.

“Una marginalità – sottolinea Fava – che ci rende inadeguati rispetto all’ambizione che c’eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile. Sono venute meno le condizioni per continuare questa strada insieme”.

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“Permettimi solo di chiarire, anticipando il florilegio di interpretazioni che questa decisione raccoglierà, che questa non è una scorciatoia verso altri partiti. La differenza che tu proponi oggi sui giornali tra ‘renziani’ e ‘non renziani’ è una semplificazione ingenerosa e grossolana. La scelta, per me, non è tra la rassegnazione a una deriva minoritaria in cui non mi riconosco più e l’adesione a un’altra forza politica: esiste anche il primato della propria coerenza e soprattutto della propria autonomia. Senza alcuna subalternità nei confronti di nessuno”, conclude Fava.

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