Dopo settimane di tira e molla, il pacchetto delle riforme sembra essere pronto. Stando a quanto si è appreso, la conferenza dei capigruppo del Senato ha infatti stabilito che il ddl Renzi-Boschi approderà in aula il 3 luglio.
Una notizia questa arrivata poco dopo che Silvio Berlusconi aveva confermato l’impegno proprio e di Forza Italia all’approvazione tanto delle riforme costituzionali che di quella elettorale.
Ancora da studiare i “dettagli” ma, come ha detto Matteo Renzi, si è “a un passo dalla chiusura” che potrebbe essere formalizzata già venerdì. Stamani Silvio Berlusconi ha lanciato il presidenzialismo e l’elezione diretta del Capo dello Stato. Ma non si è trattato certo di un modo per alzare l’asticella in modo da tirarsi fuori dal percorso delle riforme. Ad una domanda se questo fosse l’intento della proposta, Berlusconi è stato chiaro: “Assolutamente no, abbiamo preso un impegno sul titolo V, sul Senato e la legge elettorale e li manterremo”.
Ancora manca all’appello, l’intesa sulle modalità di elezione del Senato, dato che il ddl del governo dà troppo spazio ai sindaci. “La riforma del Senato squilibra lo Stato a favore dell’Anci e lo consegna alla sinistra. Fi mantiene impegni con Renzi ma c’è ancora da trovare l’intesa sul sull’elezione dei senatori ed io sono sicuro che la troveremo”. Berlusconi ha parlato di un prossimo incontro tra il ministro Maria Elena Boschi e il capogruppo di Fi al Senato Paolo ROmani per mettere a punto i “dettagli”. Dopo di che ci dovrebbe essere il suo incontro con Matteo Renzi. Sembra superata la querelle tra Senato eletto direttamente dai cittadini e Senato eletto dagli amministratori di ciascuna Regione, quindi indirettamente.
Al Cavaliere la questione non interessa gran che: per lui è importante che il Senato non sia composto “come il Comintern”, secondo la scherzosa espressione da lui usata con i suoi, ma che rappresenti il più proporzionalmente possibile i partiti presenti in ciascuna Regione. Anche la Lega, dopo aver incassato l’attribuzione alle Regioni di maggiori competenze legislative, non farà barricate su questo. L’intesa a cui si lavora è che ciascuna Regione abbia un numero si senatori proporzionato al numero di abitanti (e non un numero uguale per tutti come dice il ddl del Governo). Inoltre i sindaci non sarebbero più la metà, ma un terzo o anche un quarto. Resta da definire la platea degli elettori: se fossero i consigli regionali il centrosinistra sarebbe ancora maggioritario, mentre Fi chiede una “proporzionalizzazione” sui voti dei cittadini per le elezione dei Consigli e non sul numero dei consiglieri.
Un altro segnale dalla Lega e da Forza Italia è arrivato dalla Giunta del Regolamento del Senato. Qui si esaminava il ricorso di Mario Mauro contro la sua sostituzione in Commissione Affari costituzionali (Mauro è contrario al ddl del governo), ma gli Azzurri e il Carroccio non hanno sostenuto il suo ricorso. Insomma sembrano avvalorati i “rumors” che parlano di venerdì come giorno in cui i relatori, Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, potrebbero presentare gli emendamenti che recepiscono l’intesa. Il voto partirebbe dalla prossima settimana in modo da concludere l’esame del testo entro il 3 luglio, quando le riforme approderanno in Aula. Insomma “siamo a un passo dalla chiusura” ha detto Renzi ai suoi, definendo anche “intempestivo” il rilancio sul presidenzialismo.
Intanto secondo quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, Renzi nell’incontro di oggi con il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy ha incassato la definizione di un documento sul futuro dell’Europa su cui stanno lavorando a Bruxelles e nelle cancellerie dell’Unione. Le nomine al vertice dell’Ue verranno solo dopo.
“Nessun via libera né diktat su questo o quel nome” per l’Ue da parte del premier Matteo Renzi. È stata però sottolineata, aggiungono, “l’importanza di una soluzione complessiva che valorizzi – questo sì – la rappresentanza di genere”.
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