di Nicolò Migheli
Non è il momento diranno i realisti e i cinici. In pochi mesi è cambiato tutto. In Ucraina si combatte, la Nato ha ritrovato il suo antico avversario e la Russia rinata aspira allo spazio geopolitico che considera suo fin dai tempi dell’impero zarista. In Medio Oriente è comparso l’Isil o Isis che l’analista Shiraz Maher definisce “ La forza d’invasione più aggressiva che si sia vista in questa regione dai tempi dei mongoli” Una formazione terroristica che amministra un territorio abitato da circa nove milioni di persone, con pozzi petroliferi che garantiscono un flusso di dollari per finanziare la guerra.
Un gruppo terroristico costituitosi in Stato che può contare su una solida organizzazione militare comandata dagli ex ufficiali baathisti di Saddam Hussein. Per il forte richiamo che l’Isis ha sui giovani occidentali di religione islamica essa rappresenta un grave pericolo per le nostre società. L’Italia dando armi ai curdi secondo la rivista on-line Analisi Difesa, è in uno stato oggettivo di guerra con i radicali islamici. Improvvisamente una alleanza decotta come la Nato ritrova il suo senso fondante: la difesa degli stati membri. In questi giorni in Galles il Patto Atlantico prenderà decisioni che riguardano la vita di tutti noi.
Oggi (4 settembre) a “Tutta la città ne parla” su Radio 3, si è trattato delle contestate servitù militari sarde e per molti ascoltatori è stata una novità, sanno tutto dei No Tav e nulla della loro terra di vacanze. Il conduttore ricordava il grande disagio che vive la Sardegna a causa di quelle esercitazioni. Sono intervenuti, Bustiano Cumpostu, Michele Piras, il generale della riserva Campolin, il sottosegretario alla difesa Domenico Rossi, i ricercatori Sergio Finardi di Trans Arms di Chicago e Francesco Vignarca dell’Istituto Affari Internazionali. Seguire quella trasmissione è stato istruttivo sia per noi sardi che conosciamo il problema sia per gli altri ascoltatori che hanno scoperto come il nostro territorio sia sottoposto a limitazioni e costi ambientali insopportabili.
Per la prima volta la Rai ha rivelato ai più che esistono due diversi interessi nazionali. Il primo ben descritto da Campolin, che minimizzando sugli impatti, “il traffico automobilistico produce più micropolveri delle esercitazioni”, ha spiegato bene il perché della scelta della Sardegna. Un territorio senza grandi città, a bassa densità abitativa, luoghi “vuoti” che ben si prestano per le attività militari simulate. Che poi tutto questo entri in conflitto con il nostro interesse nazionale dei sardi, con il diritto di avere un luogo pulito, di non morire di malattie indotte da quei veleni pare non interessi alla retorica negazionista della lobby militar-industriale e neanche al governo italiano.
I Sardi godono dei vantaggi della difesa comune? Che ne paghino il prezzo, e che diamine! La nostra terra non solo luogo di esercitazioni, ma anche di operazioni coperte. Finardi per conto dell’Onu ha seguito le vicende delle armi ex sovietiche sequestrate a Taranto, di cui una parte dovranno essere date ai curdi. Secondo lui sono scomparse 1000 tonnellate di fucili e missili anticarro, armi che dovrebbero essere state consegnate ai ribelli libici anti Gheddafi, probabilmente però finite in Siria agli oppositori di Assad. A questo punto nessuno può escludere che siano in mano allo Stato Islamico e che le usi per massacrare cristiani, yazidi, curdi, sciti e i mussulmani sunniti contrari alla loro visione oscurantista.
La Sardegna è diventata la terra che non vogliamo. Altri fanno e dispongono, spesso con la nostra complicità. In trasmissione non vi era nessun rappresentate del governo regionale. Probabilmente non invitato. Ne ha fatto le veci il sottosegretario Rossi che ha detto della mancata firma dell’intesa Stato-Regione e ha annunciato il solito tavolo di trattativa. È vero che le amministrazioni parlano con gli atti, poiché però questo è un tempo in cui la presenza dei politici sui media è costante, il silenzio della Regione si fa notare. Da quando il Ministero della Difesa ha annunciato le nuove esercitazioni, nessuno ha detto nulla. Eppure da più parti si chiede una presa di posizione, un tweet che dica cosa si pensa.
Il 13 a Capo Frasca ci sarà una manifestazione dei cittadini sardi contro l’ennesimo sopruso. Presidente Pigliaru, convochi lì la giunta, raccolga il disagio dei Sardi e dica a Roma che così non si può continuare. Lo faccia con un atto spettacolare, le saremo grati.
Argomenti: nato