Ignazio Marino brucia tutti. Innanzitutto paga le multe (1021 euro) e nota “adesso dedichiamoci alle cose che contano per Roma”. Poi spezza ogni dubbio: “Le mie dimissioni? Mi viene da ridere”. Il chirurgo genovese, dopo giorni di taglia e cuci, tira il filo. E mette a tacere i gufi.
In Aula il clima è da stadio. Guelfi e ghibellini, proprio come nella migliore storia italiana. Dove tutti siamo un po’ allenatori ma soprattutto tuttologi. Il primo cittadino non si scompone. E chiede scusa per l’auto parcheggiata in divieto di sosta. Vettura che, ironia della sorte, non riceve nemmeno una contravvenzione.
Poi passa “ai cambiamenti attivati e da realizzare” per pensare “alle cose che contano per Roma”.
“Le polemiche non mi hanno distratto”. Marino parla in tono sicuro. E quasi fa intendere che l’incontro con Lorenzo Guerini, braccio destro del premier Renzi, gli consente di mantenere salda la poltrona. Così mostra i muscoli e spara a zero contro i poteri forti, ovvero quegli interessi “che non gradiscono il lavoro fatto”.
“Abbiamo inaugurato la Metro C, che doveva essere aperta nel 2011. Ci siamo occupati dello stadio della Roma, un progetto che porterà infrastrutture pubbliche e 3mila posti di lavoro nella fase di costruzione”.
Marino, oggi, prende la sua rivincita. Mentre per i maligni si tratta solo di un’altra occasione. La strada è lunga. Ma senza multe si viaggia più leggeri.