Il candidato sindaco che ammonisce i migranti: rigate dritto o vi cacciamo

A Torino, fanno discutere i manifesti fatti affiggere da Luca Olivetti, probabile candidato del centro destra alle comunali 2016.

Il candidato sindaco che ammonisce i migranti: rigate dritto o vi cacciamo
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1 Luglio 2015 - 11.24


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A lanciare il monito – che, com’è facile intuire, è rivolto agli stranieri in arrivo in città – è stato Luca Olivetti, da molti indicato come probabile candidato alla poltrona di sindaco. Olivetti è un avvocato proveniente dalla società civile, che si definisce “liberale e moderato” e sta cercando di ricompattare la compagine di centro destra in vista delle comunali del 2016. I suoi manifesti hanno fatto storcere il naso a parecchie associazioni e operatori del sociale; ma lui respinge seccamente ogni accusa di xenofobia. Per questo, abbiamo voluto porgli qualche domanda.

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Avvocato, con un po’ di malizia viene da pensare che lei voglia cavalcare l’onda lunga del populismo salviniano, che alla Lega sta fruttando un’impennata nei sondaggi.

Al contrario, si tratta di comunicare il tema dell’immigrazione restando fuori della logica “delle ruspe”. Noi rispettiamo la tradizione di una città come Torino, che storicamente si è sempre dimostrata accogliente. Il punto è che l’accoglienza dev’essere subordinata al rispetto della legge.

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Sarà, ma quella prima persona plurale un po’ stona. A che titolo “voi” promettete agli immigrati di cacciarli via?

L’anno prossimo le elezioni le vinciamo facile. E tra le ragioni c’è proprio il lassismo della sinistra nei confronti degli immigrati, che qui ormai sono lasciati liberi di fare ciò che vogliono. In questa città Fassino non rappresenta più nessuno, tantomeno la sinistra: semmai rappresenta i miliardari torinesi, che sono l’un per mille della popolazione. Se il centrodestra si unisce con una proposta seria è destinato a vincere, non ci sono storie.

Alle elezioni però manca ancora un anno, e voi non siete alla maggioranza. La domanda quindi resta aperta.

Si tratta comunque di un manifesto elettorale. C’è l’indicazione, “Torino 2016”; oltre all’immagine di una matita sul simbolo della lista (“Un sogno per Torino”, ndr). In questo modo noi facciamo una proposta agli elettori, e mandiamo un messaggio agli immigrati. È un po’ come il trailer di un film: “rigate dritto, perché altrimenti tra un anno vi cacciamo”.

E non c’è il rischio d’invogliare qualcuno a giocare d’anticipo? Di giustizieri questa città ne ha già conosciuti…

Noi non vogliamo incoraggiare la violenza. Il punto è che quando lo Stato non tutela i cittadini c’è il rischio che emergano derive di autotutela, dettate dall’esasperazione. Quando lo zingaro o il romeno di turno verranno trovati uccisi nella casa in cui stanno rubando, io dico che non si potrà dare la colpa al povero cristo che cerca solo di difendersi: la responsabilità sarà dello stato che non ha saputo dar loro la dovuta sicurezza.

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Da queste parti, però, gli episodi più eclatanti di giustizia “fai da te” sono avvenuti sulla base di bugie altrettanto eclatanti. A Torino fu una falsa denuncia per stupro a innescare il rogo del campo Rom della Continassa. E l’anno scorso, a Borgaro Torinese, si è rischiato di fare il bis, quando un padre di famiglia, che aveva smarrito la figlia durante una sagra, pensò bene di puntare il dito sul campo rom locale. Non crede che queste persone possano sentirsi legittimate anche da messaggi come il suo?

La rincorsa al mostro, da che mondo è mondo, c’è sempre stata. In un sistema democratico si deve intervenire per evitare la giustizia fai da te, certo. Ma, in un momento di crisi economica, l’esasperazione del cittadino porta la massa a fare cose che non si farebbero mai singolarmente: metti insieme cinque o sei disperati che non arrivano a fine mese, e si sentiranno autorizzati a fare cose del genere. Per fortuna però si è trattato di casi isolati.

Isolati ma sempre più frequenti. Non sarebbe compito della politica abbassare i toni, di fronte a questo?

Certo, così com’è compito dello stato garantire sicurezza e benessere. Qui rischiamo che la gente inizi ad andare fuori di testa e a sparare come in America. C’è il concreto rischio che un giorno qualcuno entri in banca e spari al direttore che gli ha negato il fido. Nessuno vuol prendersi la responsabilità di dirlo, perché in Italia si arriva sempre a cose fatte; ma se continuiamo così, sarà questo il nostro futuro.

Per adesso, però, a farne le spese, al Tribunale di Milano, sono stati degli avvocati come lei. Per molti, in Italia, anche Claudio Giardello è una vittima dello Stato, se non proprio un eroe. Non vorrete mica giustificare simili punti di vista?

Assolutamente no. (ams)

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