Votavo per Ingrao e vi dico il perché

Mi piaceva il suo essere fuori dal coro della grande casa comunista, mi piacevano i suoi dubbi e le sue certezze. [Marco Fiorletta]

Votavo per Ingrao e vi dico il perché
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28 Settembre 2015 - 12.28


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di Marco Fiorletta

E’ passato del tempo da quando, giovane e alle prime volte che esercitavo il diritto di voto, si poteva scegliere non solo chi votare ma anche la composizione delle liste con procedimenti che partivano dal basso e venivano poi approvati dal vertice che comunque decideva in maniera autonoma. Ma forse non era così e solo la speranza e la voglia di contare un poco ci faceva pensare che potessimo decidere qualcosa. La prima volta che votai Pietro Ingrao era al quinto posto della lista elettorale nel Lazio mentre era capolista in Umbria. Le indicazioni di partito per la mia zona erano altre ma scelsi di andare contro e votai Ingrao.

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Ora, dopo tanti anni, se mi faccio la domanda del perché feci quella scelta potrei rispondere partendo da quell’autodidatta che campeggia nel mio profilo Fb. Autodidatta è riferito al mio cammino politico iniziato con un libro, Memorie di un barbiere di Giovanni Germanetto, che mi fu dato da leggere da uno zio comunista e proseguito dopo con la lettura di testi più o meno sacri che mi hanno “formato” e spinto a propugnare certe idee che ancora oggi porto avanti. Mi era simpatico questo comunista del basso Lazio che parlava con il suo caratteristico accento, che non si sforzava di apparire diverso da quel che era.

Mi attirava il suo essere sempre un po’ fuori dal coro della grande casa comunista. Mi piaceva quel suo schierarsi che lo portò ad essere isolato all’interno del grande Pci, i suoi dubbi, le sue certezze rivedute dopo anni e anche quella, come dicono alcuni, mancanza di coraggio nel prendere certe decisioni che lo avrebbero portato fuori dal partito. Mi piaceva perché erano anche le mie. Perché il partito era una massa che andava difesa anche a scapito delle proprie convinzioni, che comunque andavano custodite. Era il bisogno di unità che lo spingeva, ormai anziano, a continuare a fare appelli per una unità ormai ridotta solo ad un ricordo. E’ riuscito Ingrao a salvaguardare le sue idee e il partito? A prima vista si potrebbe dire di no ma, se si considerano le cose accadute negli anni passati, le posizioni prese e portate avanti da altri, anche da chi si definiva ingraiano, ci si renderà conto che Ingrao, secondo il suo punto di vista, non ha da rimproverarsi nulla. E se qualcosa lo aveva in più occasioni aveva fatto autocritica, parola ormai desueta e sconosciuta ai più. Per il resto ci saranno gli storici che potranno aiutarci, di certo non saranno i coccodrilli di questo triste giorno a fare luce su una persona che non ha bisogno di altra luce se non quella che emanava da solo.

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Sì, forse sono un po’ retorico, ma in certe occasioni non si può fare a meno di esserlo. Certe persone ti segnano, chi nel bene chi nel male. Nel mio essere un autodidatta politico c’è anche questo. Preferisco parole retoriche ma sentite che banalità di coccodrilli fatte da ex-comunisti che sembrano usciti dalle pagine di Wikipedia. Preferisco i sentimenti, le illusioni, le speranze al più bieco pragmatismo o cinismo politico. Preferisco continuare a guardare la luna piuttosto che le tante dita che mirano a casaccio nel cielo.

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