Davigo risponde a Renzi: poche sentenze? certo, c'è la prescrizione

Il neo presidente dell'Anm: la prescrizione è indispensabile, ma fino al processo. Acquisite le prove, non si capisce perché debba continuare a decorrere.

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11 Aprile 2016 - 22.08


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In una delle sue prime uscite in tv Davigo già mette i puntini sulle i.
Il premier Matteo Renzi dice che ci sono molte inchieste e poche sentenze, e il neo presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, risponde “certo, perché c’é la prescrizione”: Così Davigo ha chiarito la sua posizione intervenendo a Otto e mezzo su La7 e rispondendo alle domande in studio.

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Davigo conviene che “i processi durano troppo”, ma – spiega – “perché ce ne sono troppi. Se ce ne fossero meno durerebbero meno”. Ribadendo il concetto gia’ espresso a proposito della della giustizia lenta che “in Italia la domanda di giustizia e’ patologica, c’è qualcosa che non va in questo”.

Il magistrato poi sottolinea che “la prescrizione èindispensabile, ma fino al processo. Acquisite le prove, non si capisce perché debba continuare a decorrere. Il problema èche nel nostro Paese decorre anche dopo la condanna in primo grado. Ed è una stravaganza italiana”.

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E “io sono d’accordo, a titolo personale perché non ho ancora consultato la giunta esecutiva centrale, che debbano essere introdotti filtri maggiori rispetto al rinvio a giudizio”.

Possibile il segreto anche dopo il deposito delle intercettazioni. Per il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo “un’idea sarebbe obbligare al segreto anche dopo il deposito delle intercettazioni” e su questo “se ne può discutere”. Il magistrato ha espresso così la sua opinione, intervenendo alla trasmissione di La7 Otto e mezzo, dando “ragione” al premier Matteo Renzi, quando dice che sarebbe meglio non leggere i pettegolezzi sui giornali.

Anche se per Davigo sul tema intercettazioni “c’è un equivoco di fondo”, perché “se non sono pertinenti c’è il reato di diffamazione”.

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“Il sistema delle intercettazioni – ha spiegato il presidente del sindacato delle toghe – cerca di conciliare interessi contrapposti: da un lato il diritto alla riservatezza, dall’altra l’esigenza delle parti si conoscere gli elementi. Il pm esegue intercettazioni di solito a mezzo della polizia giudiziaria, che gliele riferisce in modo sommario, poi deve chiedere al giudice di trascrivere quelle rilevanti, ma le deve depositare tutte, perché potrebbero essere ritenute rilevanti dalla difesa”. E
quelle depositate, anche se soggiacciono ai divieti di pubblicazione, non sono più coperte dall’obbligo del segreto, invece “si può discutere dell’idea di obbligare al segreto anche dopo il deposito delle intercettazioni”.

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