Jobs act, nel Pd si apre la guerra dei voucher

Ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha commentato i rischi che il voto sul referendum proposto dalla Cgil possa essere un ulteriore problema per il Pd e il governo

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15 Dicembre 2016 - 12.17


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Nel governo si ragiona sull’ipotesi di elezioni il 25 giugno. Una data che riuscire a bissare il passaggio referendario sul Jobs act ed evitare che la domenica elettorale cada troppo a ridosso del G7 di maggio.

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Ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha commentato i rischi che il voto sul referendum proposto dalla Cgil possa essere un ulteriore problema per il Pd e il governo:”Se si vota prima del referendum il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile. Sulla data dell’esame della Consulta è tutto come previsto”. 

Dura la replica della Sinistra Dem: “Più che invocare le urne per evitare che si svolga il referendum – dice Roberto Speranza – è necessario intervenire subito sul Jobs act, a partire dai voucher”. 

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In 48 ore il fronte del No, che stavolta in realtà sceglierà il Sì, perché si tratta di abrogare il Jobs act – si è già saldato. Va dalla Fiom di Maurizio Landini a Forza Italia, passando per la sinistra dem. “Noi voteremo contro il Jobs act – giura il capogruppo di FI Renato Brunetta – Assieme alla Cgil? Certo, perché Renzi è un politico eversivo e noi stiamo con la democrazia. Stavolta però non vinceremo 60 a 40. Finirà 70 a 30 per noi”. Inutile sottolineare che l’ex premier non ha gradito per nulla la sortita di Giuliano Poletti, capace in un attimo di regalare la ribalta a un referendum che Palazzo Chigi aveva sempre cercato di ignorare.

Nella serata di ieri Poletti aveva spiega: “Le mie affermazioni non sono altro che l’ovvia constatazione che, qualora si andasse ad elezioni politiche anticipate, la legge prevede un rinvio dei referendum. È un’ipotesi che io non ho ‘invocato’ e non dipende certo dalla mia volontà che questo possa accadere. Ogni interpretazione strumentale è, quindi, totalmente fuori luogo”. 

Intanto è stata resa nota la data nella quela la Consulta esaminerà l’ammissibilità del referendum. La Corte costituzionale esaminerà nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2017, in aggiunta alle altre cause già fissate, l’ammissibilità delle richieste relative a tre referendum abrogativi tutte concernenti disposizioni in materia di lavoro, comprese misure presenti nel Jobs Act. Le richieste sono già state dichiarate conformi a legge dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, con ordinanza depositata il 9 dicembre 2016.

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Renzi la definisce la “rogna” che è in mano a Paolo Gentiloni. Non ha ancora una strategia ma sa bene che il suo predecessore considera la riforma un fiore all’occhiello dei mille giorni di governo, ed è pronto a rivendicarla già domenica durante l’assemblea del Pd. Certo, l’esecutivo potrebbe superare lo scoglio dei voucher ritoccando la norma per decreto. Resterebbero però in piedi gli altri due quesiti. E in particolare quello sull’articolo 18.

I referendum sono stati proposti dalla Cgil, che ha raccolto oltre 3 milioni di firme a sostegno. L’obiettivo è quello di cancellare le norme del Jobs Act che hanno modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e quindi la possibilità di licenziamento; di abrogare le disposizioni che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore; e di eliminare i cosiddetti voucher, ossia i buoni lavoro per il pagamento delle prestazioni accessorie. 

L’allarme di Confindustria – Il referendum sul Jobs act crea incertezza. Lo dice il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. “Se non prendiamo posizioni su alcune cose l’ansietà del sistema Paese di giorno in giorno aumenta. I consumatori non consumano, gli investitori attendono e questo è un problema. Abbiamo fatto il Jobs act adesso c’è il referendum. Se arriva il referendum cosa accade? Io imprenditore attendo e non assumo. Questi sono i capolavori italiani dell’ansietà e dell’incertezza totale e i motivi per i quali gli imprenditori italiani sono i più bravi al mondo perchè vivono in condizione di perenne incertezza”. 

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Camusso, slitta referendum Jobs act? Mancanza coraggio. “Vale il merito e non la data”. Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a chi le chiede della tempistica tra il referendum sul Jobs Act e la possibilità di nuove elezioni politiche. A chi le chiede delle ipotesi di rinvio della consultazione, come emerso dalle parole del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, Camusso risponde: “Mi pare dotato di una sfera di cristallo”. Per la leader della Cgil insistere sullo slittamento del referendum significa: “Non avere il coraggio di affrontare i problemi”.

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