Non conosco il sindaco di Macerata Carancini. Da quel poco che ho sentito mi è sembrato persona ragionevole che dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro e il raid razzista di Luca Traini si è data da fare per tutelare la sua comunità ed evitare che l’odio alimentasse altro odio, l’intolleranza altre intolleranze.
Ho apprezzato anche le parole di Stefania Monteverde, vice-sindaco e assessore alla Cultura che in una intervista rilasciata proprio a Globalist che ha insistito molto sul concetto che solo con la Cultura possono essere cancellate le pagine nere della storia.
Proprio per questo, ossia senza alcun pregiudizio negativo e senza voler contribuire ad alimentare tensioni, mi permetto di dire che chiedere la sospensione delle iniziative politiche a Macerata sia stato un grave errore per quanto il fine – evitare incidenti e divisioni – sia sicuramente nobile.
Ma pur sempre di un grave errore politico, civile e culturale si tratta perché da un lato c’erano i Partigiani (oltre alle diverse organizzazioni antifasciste) ossia persone alle quali l’Italia deve la libertà, la liberazione dal nazi-fascismo e la conseguente Costituzione democratica, dall’altro c’erano i fascisti, i razzisti, rappresentanti di gruppuscoli e partitelli che avrebbero dovuto essere sciolti da tempo se solo la legge fosse stata rispettata.
Manifestare contro il fascismo significa ribadire un valore che è scritto nella nostra Costituzione. Manifestare in favore di un giustiziere razzista che aveva in casa il Mein Kampf di Hitler, aveva i tatuaggi nazisti addosso e soffiare sull’odio contro i neri e, in particolare, la comunità nigeriana è semplicemente un reato.
Come possono essere messe le due cose sullo stesso piano? L’antifascismo è un valore costituzionale, il fascismo un reato.
Vietare o scoraggiare le manifestazioni in difesa dei valori democratici significa considerare chi scende in piazza solo foriero di guai e far passare un messaggio sbagliato, come se la difesa della legalità dovesse avere come metro di giudizio solo l’eventuale fastidio che reca all’ordine pubblico.
Accettare questo metodo significa diventare tutti ostaggi dei gruppi fascisti e, in generale, di tutti i violenti. Ma soprattutto l’arretramento politico, culturale e civile che va avanti almeno dal 1994 ha portato al paradosso che l’antifascismo debba in qualche modo essere giustificato proprio mentre si ripetono gli oltraggi e le provocazioni durante il Giorno della Memoria, o a Marzabotto e ai luoghi in cui si celebrano i martiri della Resistenza e l’eroismo dei partigiani.
Rispetto chi ha fatto un passo indietro, anche se obtorto collo. Ma idealmente sono con chi vorrà egualmente manifestare contro la deriva razzista e fascista, augurandomi che sia espressione della migliore tradizione pacifista e civile di questo paese e che il Viminale e chi lo guida non impedisca una iniziativa che difende uno dei principi cardine dell’Italia democratica e repubblicana.
Alcuni valori non sono negoziabili. E, per quel che mi riguarda, nel mio piccolo non lo saranno mai.