L’occasione di prendersela con qualcuno, nelle campagne elettorali, non si deve perdere per attaccare, per polemizzare, per attirare l’attenzione.
Lo sanno tutti, lo sa persino l’on.Giorgia Meloni che continua a candidarsi come ”prima premier donna” dell’Italia in caso di vittoria del centrodestra.
Le vie del Signore sono infinite, e quindi auguri. Ma se ci si candida a diventare primo ministro (vale per lei, vale per tutti) occorrerebbe anche avere il giusto profilo, che non significa essere laureati – titolo che non avevano anche recenti premier -, ma conoscere due-tre cose della vita, dalla grammatica (occhio ai congiutivi), alla storia che, e in questo ci rivolgiamo direttamente all’on.Meloni, non è solo quella del ventennio, perché dopo ci sono state tante altre cose che non l’8 settembre e la repubblica di Salò.
Ma appunto perchè si pensa di conoscere la Storia ci vuole spiegare, l’on.Meloni, come sia potuta cadere in un errore marchiano, gigantesco, imperdonabile, come quello che ha fatto oggi quando, a corredo di una sua dichiarazione su una iniziativa del sindaco di Orvieto (a parere della leader di Fratelli d’Italia, negazionista della terribile pagina delle foibe) ha pubblicato la fotografia di una fucilazione?
Embé, dirà qualcuno? Le foibe furono violenza, crudeltà, efferatezza. Sì, solo che la fotografia che l’on.Meloni ha utilizzato ha immortalato certamente una fucilazione, solo che a sparare era un plotone italiano ed a morire furono cinque civili sloveni. Fucilati alle spalle perché ritenuti banditi e non nemici.
Si potrebbe dire: va bene, è stato un piccolo errore.
Se non fosse che: 1) la fotografia è notissima e spesso utilizzata per ricordare che gli ”italiani, brava gente” quando si trattava di massacrare civili – il maresciallo Graziani se ne faceva un vanto – non erano secondi a nessuno; 2) l’episodio è stato ricostruito dagli storici, che l’hanno collocato nell’odierna Loska Dolina, a pochi chilometri da Lubiana; 3) i morti non erano banditi, anche se fucilati alla schiena, ma civili di cui si conosce anche il nome (Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec), riportato in molti libri, e non solo sloveni o dell’ex Jogoslavia; 4) l’episodio è stato fissato, temporalmente, al 31 luglio del 1942 quando il Duce era nella pienezza dei suoi poteri. 5) l’appartenenza dei soldati all’Esercito italiano è inequivocabile, come è facilissimo rilevare guardando gli elmetti.
A sua scusante l’on.Meloni potrebbe dire: la fotografia ritrae di spalle esecutori e uccisi. Quindi un semplice problema di prospettiva.
E potrebbe anche dire: io non ne sapevo niente, se ne sono occupati i ragazzi dello staff, una definizione ormai entrata nel lessico quotidiano dei politici per non fare identicicare i collaboratori, ai quali, come nel caso in questione, i vecchi professori di Storia riserverebbero una scarica di calci nel sedere di fronte a cotanta ignoranza.
Ma all’on.Meloni (che, una volta che è stato segnalato il piccolissimo errore storico, ha fatto rimuovere l’imbarazzante – per lei – fotografia) certo non sfugge il principio della responsabilità politica. Se sbagliano i suoi collaboratori e lei non esercita il controllo per vedere se la casella della castronerie è immacolata, la colpa è sua. Senza se e senza ma.
Perché essere politici non è solo una professione o una manna che arriva dal cielo, dopo avere raccattato qualche voto in una consultazione per adepti. Essere politici significa anche avere, oltre alla scelta ideologica, come punto di riferimento, insieme all’onestà, la verità.
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