La base grillina è in fermento, ma anche sul fronte degli iscritti al Pd le acque sono agitate.
Questo matrimonio non s’ha da fare?
Renzi dice di no e il suo parere nel Pd conta ancora visto che le sue dimissioni sono tattiche ma non reali.
Di Maio, che forse vede l’occasione irripetibile di arrivare al governo, ci prova: lavoro, povertà, immigrazione, tasse. Questi i punti in comune presenti nell’appello al Pd dal capo politico del M5s Luigi Di Maio in una lettera al Corriere della Sera in prima pagina. “Sono fiducioso, sulla carta dei programmi ci sono tanti punti di convergenza”. Di Maio si sofferma tra l’altro sulla revisione del regolamento di Dublino, sul salario minimo, su tasse e sanità pubblica, giustizia e costi della politica.
“Sono fiducioso perché sulla carta – la carta dei programmi – ci sono tanti punti di convergenza che vanno nella direzione di soddisfare le esigenze dei cittadini, nostro unico interesse”, afferma il leader dei Cinque Stelle, che mette in guardia: “Non ci illudiamo che i programmi elettorali abbiano sempre una valenza, ma adesso è il momento di mettere alla prova la politica affinché dimostri che non si tratta solo di parole, ma di obiettivi concreti che si possono tradurre in fatti, con tempi e procedure concordate”.
Una delle funzioni del Movimento, sottolinea Di Maio, “è proprio questa. I programmi per noi valgono nel momento in cui si dimostra di volerli realizzare. Ad esempio se si parla di Europa si parla di immigrazione. In comune c’e’ la revisione del Regolamento di Dublino e l’equa ripartizione dei migranti tra tutti i Paesi dell’Unione Europea”.
E ancora: “Se si può fare qualcosa di buono per l’Italia e mettere finalmente i cittadini al primo posto, noi ci siamo”..
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