Anche se Luigi Di Maio dice di fidarsi di Matteo Salvini – e “meno di chi gli sta intorno” – la nuova offensiva dei 5 stelle riguarda proprio il leader della Lega e i suoi rapporti con Paolo Arata, consulente della Lega sulle materie energetiche e socio del “re dell’eolico” in Sicilia, Vito Nicastri, che secondo l’ipotesi di indagine avrebbe pagato al sottosegretario Armando Siri una mazzetta da 30 mila euro per inserire una norma ad hoc. Ma anche padre di Federico Arata, tra i consiglieri di Giancarlo Giorgetti, numero due leghista e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. “Credo che la Lega debba prendere le distanze da lui e chiarire il suo ruolo, visto che il figlio è stato assunto da Giorgetti” afferma il vice premier M5S, in un’intervista al Corriere della Sera.
E a stretto giro trapelano da fonti pentastellate una serie di domande alla Lega.
“Salvini ha detto di non conoscere Arata e di averlo visto una sola volta nella vita, allora perché lo propose ai vertici dell’Autorità per l’Energia? Perché gli lasciò redigere il programma energetico della Lega? Perché condivise sul suo profilo ufficiale Twitter le proposte di Arata considerandolo un uomo della sua squadra? Perché si avvalse dell’intermediazione del figlio Francesco per incontrare Steve Bannon? E perché l’altro figlio di Arata, Federico, recentemente è stato assunto da Giorgetti a Palazzo Chigi? Qualcosa non torna, non capiamo quali siano i reali rapporti tra Arata, Salvini e la Lega”.
Alcune di queste domande vengono poste in chiaro, su Facebook, da Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Affari Esteri dei 5 stelle. “Salvini – incalza Di Stefano – ha il dovere di chiarire immediatamente e di spazzare via qualsiasi ombra su questa inchiesta. Non può rimanere in silenzio in eterno difendendo ad oltranza la posizione di Siri nonostante ci sia di mezzo una indagine per corruzione dove emergono anche legami con il mondo mafioso”.
La figura di Paolo Arata non è secondaria in questa vicenda, come ammette un leghista doc come Roberto Maroni. Oggi fuori dalla politica, l’ex governatore lombardo e ministro dell’Interno afferma in un’intervista alla Stampa che lui non farebbe dimettere Armando Siri, perché “sarebbe come far prevalere il principio di colpevolezza”, ma non ci saranno comunque contraccolpi particolari sul Governo. Non come quelli che invece possono venire dal caso Arata: “Se Arata padre era il male assoluto – rimarca l’ex segretario leghista – perché avrebbe avuto rapporti con la mafia, almeno stando alle accuse della Procura, e il figlio era suo complice, allora l’assunzione da parte di Giancarlo Giorgetti del figlio ‘del male assoluto’ potrebbe essere devastante”… “Di Maio – osserva Maroni – sa bene che parlare di Siri è una cosa ma parlare di Giorgetti metterebbe davvero a rischio il governo. Detto questo, secondo me Siri non deve dimettersi e Giorgetti non deve dare spiegazioni e conoscendo bene entrambi metterei la mano sul fuoco sulla loro onestà. Ma, ripeto, il vero problema non è Siri, ma Giorgetti…”.
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