Perché l’Europa ci deve stare a cuore

Isolati i singoli paesi Europei sarebbero vasi di coccio in mezzo Usa, Russia e Cina, destinati a continui conflitti e senza reale possibilità di contare negli equilibri globali.

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Nuccio Fava Modifica articolo

11 Maggio 2019 - 19.34


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Ce ne dimentichiamo spesso ma sono stati i suoi ideali ad aver consentito – con il determinante contributo degli Alleati – la sconfitta della barbarie del nazi-fascismo e al riconoscimento della dignità di ogni persona e dei suoi diritti fondamentali. Valori irrinunciabili, che sono stati alla base della resistenza all’imperialismo sovietico sino allo sbriciolamento del muro di Berlino nel 1989.
Ma la storia non era finita. Si illanguidivano le tensioni ideali e i progetti politici al fine di assicurare nuovi slanci e coraggiose scelte innovative sia sul piano programmatico che nella riforma delle istituzioni, avvertite sempre più come burocratiche, distanti dai cittadini e dalle loro principali aspirazioni e bisogni. Specie in materia di lavoro, d’istruzione e di cultura, di sviluppo e di crescita in un mondo globalizzato.
Si fa urgente un ripensamento profondo che ridia un’anima a questa Europa stanca e sfiduciata, ma che resta realisticamente la principale sfida plausibile per costruire un futuro migliore in tutti i campi.
A cominciare dalla battaglia globale per il rispetto e la custodia del pianeta sottoposto sempre più spesso a stravolgimenti climatici che ci sorprendono periodicamente, sempre più spesso causati dell’inquinamento e da nostri stili di vita da ripensare profondamente.
Su questo terreno è comprensibile come solo una rinnovata capacità di impegno comune e di solidarietà tra i paesi europei possa consentire all’Europa di affrontare le sue sfide storiche. Sono pertanto in grave errore i sostenitori di posizioni sovraniste che lavorano per frammentare l’Europa nei singoli Stati, illudendosi di per poter dare così risposte più efficaci ai problemi di ciascun paese.
Si tratterebbe di un errore antistorico e catastrofico in un mondo caratterizzato dall’emergere di forti tentativi per la ricerca di nuovi equilibri e di nuove egemonie, soprattutto tra Stati Uniti, Cina e Russia.
I singoli paesi Europei si ridurrebbero a vasi di coccio in mezzo a quelli di acciaio, destinati a continui conflitti in Europa e senza reale possibilità di contare negli equilibri globali.
Serve invece ripartire, con lungimiranza rinnovata, dai sogni iniziali dei precursori esiliati a Ventotene e dai padri fondatori che hanno dato vita alla prima fase dell’Europa comunitaria.
Spetta ai giovani farsi protagonisti di questo profondo rinnovamento, anche ai fini di un ricambio di classe dirigente ad ogni livello, indispensabile per un nuovo corso dell’Europa capace di rispondere con coraggio e creatività alle enormi sfide che l’attendono

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