La forza della piazza. Un tempo, neanche molto lontano, andava per la maggiore l’assunto secondo cui “piazze piene, urne vuote”.
L’Emilia Romagna ha dimostrato che così non è. Che la riconquista della piazza, che sembrava essere diventata di “proprietà” della destra, è l’espressione di una voglia di contare, e di contarsi, che non è stata cancellata dall’era dei social. Leggere il voto emiliano-romagnolo solo come “pericolo scampato” sarebbe riduttivo. Così come interpretarlo, nella sua gestione nazionale, in chiave “governista”.
Quel voto vuol dire molto di più. Dice che i movimenti contano oggi più dei partiti quanto a capacità di attrazione, e di mobilitazione. Dice che guardare al futuro non significa perdere la memoria di ciò che nel nostro Paese ha significato “sinistra”: inclusione, antifascismo, giustizia sociale, diritti civili e di cittadinanza.. Dice che il “moderatismo” non paga, e che la radicalità non è “estremismo”, non è “testimonianza” fine a se stessa, ma il carburante per rimettersi in movimento.
Grazie dunque alle “sardine”, che di questa radicalità sono state espressione, dimostrando una straordinaria capacità di saper coniugare idealità e concretezza. E’ da questa radicalità che la sinistra deve ripartire per un “nuovo Inizio”.
Che parta dalla piazza, e non dalle stanze di governo.
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