Non è sfuggito a nessuno che oggi, durante l’informativa di Conte al Senato, il premier è stato di fatto messo all’angolo non solo dai soliti Salvini e Meloni, ma soprattutto dall’alleato Renzi. Il leader di Italia Viva infatti è tornato ai giochi di palazzo che Nicola Fratoianni, qualche giorno fa, ha definito ‘insopportabili’ e nel suo discorso di oggi, sebbene Conte minimizzi, c’era un ultimatum chiaro ed evidente: o si fa così – cioè come diciamo noi – oppure quella è la porta.
Riaprire, riaprire, riaprire. Questo il motto della politica che ha Confindustria che gli alita sul collo. Riaprire nonostante i numeri del contagio raccontino una storia diversa, una pandemia che non è affatto finita ma che, anzi, è in pieno svolgimento. Il rallentamento tanto sperato, inutile nasconderlo, non c’è stato, o meglio non è andato così velocemente come si sperava. E l’unico motivo per cui il 4 maggio vedremo un allentamento delle misure di lockdown è esclusivamente perché un ulteriore prolungamento decreterebbe la nostra rovina.
Intendiamoci, quello di maggio non è un buon decreto: manca molto, al di là della polemica sui congiunti. Manca soprattutto un piano per una convivenza con il virus, una robusta e decisa azione in più campi quali infanzia, istruzione, cultura, attività di ristorazione. I pannelli in plexiglass sembrano al momento l’unica misura che sembra verrà adottata per tornare nei ristoranti, e di certo non può essere sufficiente. Stiamo navigando verso la più grave crisi economica dal dopoguerra, e ci aspettano tempi bui, inutile nasconderlo. La prudenza di Conte può essere giudicata eccessiva, ma è giustificata dalla paura che scoppi un nuovo focolaio, dato che miracolosamente abbiamo scampato quello nel Sud, che pure era atteso. Ma la prudenza non può paralizzare il Paese: riaprire si deve, questo lo sappiamo tutti, e serve un piano deciso.
Più o meno, questo è il senso del discorso di Matteo Renzi: “Gli italiani per l’emergenza sanitaria sono in uno stato che ricorda gli arresti domiciliari. Non ne usciamo con un paternalismo populista o una visione priva di politica. Nessuno le ha chiesto di riaprire tutto, abbiamo chiesto riaperture con gradualità e proporzionalità”. E fin qui, nulla da obiettare. Ma è quando alla ragione subentra la politica che si comincia a dubitare della genuinità della preoccupazione di Renzi per gli italiani: “Non abbiamo negato i pieni poteri a Salvini per darli ad altri. È un fatto costituzionale che dobbiamo difendere insieme”, ha continuato il senatore. “Se sceglierà la strada del populismo non avrà al suo fianco Italia Viva”.
Il riferimento a Salvini è chiaro, tanto che persino Ignazio La Russa di FdI lo ha capito: “Caro Presidente Conte, dopo l’intervento di Renzi le comunico che non ha più una maggioranza. Il leader di Italia Viva le ha detto, come io ti ho creato, io ti distruggo”. E non gli si può dar torto.
Ma il rischio di una politica da ultimatum è che si vengano a creare convergenze prima inimmaginabili. Tipo quella che unisce Renzi a Salvini, che in Aula (senza fare nomi) ha detto che “qualcuno, in maggioranza, ha detto cose sensate”. Difficile non capire chi.
“Quando è intervenuto in aula Matteo Renzi, applaudivano con entusiasmo i senatori della Lega Nord, di Fdi, di Forza Italia. Un caso? Adesso è intervenuto Matteo Salvini. L’altro Matteo è stato oggetto di un apprezzamento neanche tanto velato. Loro sì che sono veri ‘congiunti'”. Così scrive su Facebook il senatore del M5S Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia.
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