Il presidente Toti: "Le Regioni hanno meritato l'autonomia nella Fase 3"

Così il presidente della Regione Liguria sull'emergenza coronavirus e sull'accordo tra Stato e Regioni per la gestione delle riaperture e la ripresa delle attività dopo il lockdown.

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18 Maggio 2020 - 13.02


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“Le Regioni se la sono meritata questa autonomia, se la sono meritata nel momento più pesante dell’epidemia, se la sono meritata anche con la collaborazione con il governo, ché non vuol dire essere sempre d’accordo ma avere un serio dialogo istituzionale. Se la sono meritata soprattutto i cittadini che con grande abnegazione e responsabilità hanno rispettato tutte le regole, cosa che dovranno continuare a fare anche adesso”. Così il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti in un’intervista all’Adnkronos sulla Fase 2 dell’emergenza coronavirus e sull’accordo tra Stato e Regioni per la gestione delle riaperture e la ripresa delle attività dopo il lockdown.

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“Usciamo dall’epoca dei divieti – prosegue Toti – ed entriamo nell’epoca delle regole, abbiamo fatto molta fatica come Conferenza delle Regioni a stabilire regole comuni, serie e applicabili concordate con le categorie e quindi non è una falsa partenza ma una partenza vera. Quindi, confortati da dati tutto sommato positivi, direi che si riparte”.

“Chiedere maggiore autonomia vuol dire sempre chiedere maggiore responsabilità – osserva – Io sono un fervente autonomista, è una scelta peraltro che hanno fatto in tutta Europa, la Spagna che con le autonomie ha sempre avuto un rapporto complesso sta facendo gestire alle Regioni la riapertura. In Germania oggi sono i Lander a decidere le singole riaperture. Direi che anche in Italia si va in quella direzione”.

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Toti ricorda che “avevamo già cominciato il ragionamento sulle autonomie prima di questa ‘gelata’ legata al Covid e io credo che dalla gestione di questa crisi le Regioni ne escano maggiormente responsabilizzate e che quindi il percorso dell’Autonomia debba ulteriormente riprendersi”.

Il presidente della Regione Liguria rileva poi che “la Conferenza delle Regioni, nonostante i colori politici e le latitudini diverse, le difficoltà e le diverse esigenze si è dimostrata un organo molto maturo. I governatori si sono espressi quasi sempre all’unanimità, hanno definito e applicato le regole insieme, è stato fatto un grande lavoro e si sono confrontate personalità anche diverse ma che spesso hanno tolto le castagne dal fuoco al governo”.

Parlando della riapertura dei confini tra le Regioni e delle frontiere previsti dal 3 giugno in avanti, Toti spiega: “La Liguria non ha mai chiuso: i suoi porti hanno sempre lavorato, i traghetti sono sempre partiti quindi non è una novità assoluta. Certo riapriremo i confini e i lombardi, piemontesi, emiliani ma non solo loro, speriamo, anche svizzeri, francesi e tedeschi devono tornare”.

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“Se il nostro turismo vivesse solo delle nostre risorse autoctone avrebbe una perdita dell’80% – sottolinea – il che vuol dire mettere a rischio più di 100mila posti di lavoro e più o meno il 20% del nostro Pil. Non credo sia una strada percorribile. Occorre un rischio calcolato ponderato e gestito e che la Liguria si rimetta in moto come il resto dell’Italia”.

“E’ chiaro che ci saranno tutte le regole di comportamento, che permangono. Ai sindaci è sempre data facoltà di intervenire sull’ordine pubblico e gli assembramenti, ma è chiaro che si torna ad un’epoca in cui le libertà individuali tornano a prevalere in questo Paese” aggiunge il governatore ligure. “Quindi – rimarca – le persone potranno spostarsi, vedersi con gli amici, andare al ristorante, andare al lavoro o muoversi liberamente all’interno di quelle che sono regole affidate soprattutto alla loro responsabilità. Chiunque arrivi che sia veneto, austriaco o francese userà la mascherina ove la legge lo prevede, la distanza, e tutte le norme che abbiamo faticosamente messo in piedi in questi giorni sui ristoranti, bar, sui servizi alla persona. Oggi c’è un corpo di regole abbastanza importante”.

Riguardo alla crisi di imprese e commercio dopo il lockdown, Toti dice che “il governo, anche nell’ultimo decreto che pure ha stanziato fondi importanti, ha più avuto una politica di sussidi a pioggia non mirati sul mondo dell’impresa per ripartire. Quindi mi auguro che ci sia una correzione di rotta in questo senso e se lo augurano anche le categorie che ho incontrato in questi giorni”.

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“Stiamo perdendo il 10% del Pil del Paese – sottolinea Toti – quindi è chiaro a tutti che c’è una importante crisi economica e sociale. I commercianti e ristoratori che ho incontrato sotto la Regione sono infuriati con il governo per l’assenza di contributi a fondo perduto e in effetti tutta la struttura di aiuti alle imprese si basa perlopiù su prestiti e quando una persona è in difficoltà aumentare l’indebitamento è molto spesso complicato”.
“Il San Martino è centro di sperimentazione di almeno 4 terapie diverse. Abbiamo un volume di disponibilità molto importante, sulle terapie intensive superiore alle 200 e siamo al 10% della nostra disponibilità” dice il governatore parlando dell’apparato sanitario messo in piedi per rispondere all’emergenza coronavirus sul territorio della Liguria. “Tutto questo gigantesco apparato resterà a vigilare per qualsiasi cosa – spiega – così come la task force di oltre 150 persone che costantemente monitora i dati del territorio in filiera con l’Istituto Superiore di Sanità. Quindi mi sento abbastanza sicuro”. “Siamo ovviamente pronti – prosegue Toti – a tarare le nostre scelte sulla base dei numeri che vedremo arrivare ma questo lo prevedono anche i meccanismi che abbiamo concordato con la Conferenza delle Regioni e il governo”.

Quanto alla nave ospedale, “rimarrà in attività fin quando ci sarà un’emergenza e fino a quando penseremo che possa essere utile. In questo momento ospita una sessantina di pazienti in convalescenza, è possibile che si espanda se dagli ospedali ci sarà una richiesta ulteriore di posti letto per convalescenze non ospedaliere e appena non avremo più bisogno e saremo ragionevolmente tranquilli ovviamente la riconsegneremo all’armatore”. “Resta comunque – aggiunge Toti – un esperimento che può essere replicato dove ce ne fosse bisogno anche in altre Regioni e ritengo sia stata una sperimentazione importante, lo ritiene anche il governo visto che è stata autorizzata dalla Protezione Civile”.

A una domanda sul tema della predisposizione delle ‘banche del plasma iper-immune’, progetto lanciato in diverse Regioni, il governatore risponde: “Ci stanno lavorando, io non entro nel tema delle scelte di cura perché francamente ritengo che la scienza debba avere una sua autonomia dalla politica. Le sperimentazioni sul Remdesivir o l’utilizzo del cortisone sono tutte cose che riguardano l’appropriatezza di cura ed è giusto che siano i medici ad esprimersi non la politica. Noi daremo i soldi per gli investimenti che i medici ci chiedono”. “Abbiamo – riprende Toti – una straordinaria clinica universitaria di Malattie Infettive, un’emergenza-urgenza che ha funzionato splendidamente, un laboratorio al San Martino di igiene credo tra i migliori in Italia e quel che servirà loro gli sarà dato”.

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Sulla situazione dei lavoratori dello stabilimento genovese di ArcelorMittal, oggi in sciopero dopo l’invio da parte dell’azienda delle lettere di cassa integrazione ai dipendenti, Toti dice: “Io mi auguro che arrivino risposte dal governo: non è ancora chiaro quali accordi siano intercorsi tra ArcelorMittal e il ministero dello Sviluppo Economico, non è chiaro quali compromessi siano stati trovati, non è chiara la prospettiva di sviluppo”. I sindacati e i lavoratori contestano l’utilizzo ‘illegittimo’ della cassa per pandemia Covid-19.

“Ci hanno chiesto i sindacati – prosegue Toti – di farci promotori di un incontro urgente con il governo per conoscere le strategie di medio e di lungo periodo dell’acciaio nel nostro Paese, cosa che abbiamo fatto curandoci di avere una risposta perché lo abbiamo chiesto più volte inascoltati”. “Per noi l’acciaio e quello stabilimento in particolare – conclude il governatore – non sono solo importanti per Genova per la Liguria ma parte fondamentale di quella siderurgia italiana di cui una nazione industriale come la nostra non può privarsi”.

 

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