Salvini utilizza le statue di Cristoforo Colombo per paragonare gli anti-razzisti all'Isis

Il paragone di Salvini è oltraggioso, per vari motivi. Il primo è che il leader leghista non ha detto una parola sui fascisti di Forza Nuova e Ultras che lo scorso sabato hanno devastato Circo Massimo

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11 Giugno 2020 - 16.58


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Di tutta la protesta per George Floyd, che sta infiammando gli Stati Uniti e dilagando nel mondo, Matteo Salvini ha scelto solo l’aspetto che potesse essere più utile alla sua propaganda, ossia l’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, eventi peraltro secondari rispetto all’importanza storica che sta avendo questa rivolta. 
“Statue di #CristoforoColombo abbattute. Come i terroristi islamici. Odio ideologico, inciviltà, ignoranza: se questi sono i “democratici”… Io vedo solo scuse per sfogare altra violenza” ha il coraggio di scrivere Salvini, paragonando gli antirazzisti ai terroristi dell’Isis. 
Il paragone di Salvini è oltraggioso, per vari motivi. Il primo è che il leader leghista non ha detto una parola sui fascisti di Forza Nuova e Ultras che lo scorso sabato hanno devastato Circo Massimo, né sui vandali fascisti che a Lampedusa hanno deturpato la Porta d’Europa e incendiato le barche su cui i migranti sono morti in mare. 
Il secondo è che la storia del Medio-Oriente è una sequela di statue abbattute, ben prima dell’Isis. A dirla tutta, sono stati gli americani i primi ad abbattere le statue di Saddam Hussein, per fare un esempio, e poi l’Isis si è recato all’interno dei musei e dei siti archeologici per distruggere le raffigurazioni che per loro erano contrarie alla religione. 
Chi ha abbattuto le statue di Cristoforo Colombo sta provocando il mondo per costringerlo a una riflessione: una statua in una piazza, in un parco o comunque in un’area cittadina è una celebrazione di un personaggio. Non ha a che vedere con la Storia. Chi decapita le statue di Colombo, o getta in mare le statue dei generali confederati schiavisti, sta dicendo a chiare lettere che il posto di queste figure non è nella pubblica piazza, ma nei musei. Quello è il posto della Storia, e della memoria. Le piazze cittadine sono il luogo della celebrazione, e per un nativo americano, per esempio, vedere una statua dedicata all’uomo che ha dato di fatto il via alla colonizzazione europea, arrogandosi il diritto di aver ‘scoperto l’America’ quando gli indigeni abitavano quelle terre da millenni, è senza dubbio un’ingiustizia. Si può essere contrari alla deturpazione delle statue, e molti lo sono – anche tra coloro che stanno manifestando – ma la potenza simbolica è chiara: c’è necessità di un cambiamento culturale, per evitare di continuare a celebrare figure che hanno perpetuato modelli di colonialismo. Non c’entra la democrazia. E l’unica ignoranza è quella di Salvini che paragona l’odio religioso a una rivoluzione antirazzista. 

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