Galli: "Non potrei mai fare il ministro, non so farlo e al Paese serve continuità"

L'infettivologo: "Lo dico con tutta franchezza e non è una valutazione di tipo politico, ma di tipo pratico"

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9 Febbraio 2021 - 09.01


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“Io non credo di essere particolarmente adatto a fare il politico, tantomeno il ministro. Io so fare altre cose”. Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, docente all’università Statale del capoluogo lombardo, risponde così ad ‘Agorà’ sui Rai3 a chi gli chiede se sia disposto ad assumere un ruolo nel nuovo Governo che dovrà formarsi.
“Soprattutto in sanità, c’è bisogno di non avere interruzioni di vario tipo – spiega l’esperto – Evviva la continuità”, aggiunge. “Lo dico con tutta franchezza e non è una valutazione di tipo politico, ma di tipo pratico”, precisa. In una situazione come questa serve “il massimo possibile di velocità ed efficienza”, che significa anche “evitare lunghi periodi in cui qualcuno deve imparare da capo cosa fare, che è un problema di tutti i tecnici che io conosco, o quasi”.
Davanti alla prospettiva che a qualche virologo possa essere proposto un ruolo di Governo, Galli ritiene che “il mestiere di quelli che hanno qualche reale competenza su argomenti di questo genere sia fondamentalmente quello di consigliare e orientare. Non è assolutamente necessario, a mio avviso, mettere uno del mio, del nostro mestiere nella posizione di ministro o di viceministro o di sottosegretario. Credo sia importante che chi c’è a svolgere determinate funzioni utilizzi al meglio le indicazioni, i consigli e anche magari alcune operatività di persone con determinate caratteristiche”, ma “non è necessario in modo stringente mettere una persona con un profilo strettamente tecnico a fare il ministro. Se si fa, credo debba essere fatta una scelta nell’ambito di chi ha un profilo importante nel campo della sanità pubblica. Io sono prevalentemente un clinico”, quindi “non sto in nessun caso parlando di me”.
“E’ evidente che tutto quello che sta succedendo” sul fronte politico in Italia “sta provocando dei rallentamenti che sarebbe il caso di non avere”, osserva Galli. Per esempio “io ho nel cassetto un paio di richieste di fare al ministro, che” però “per cortesia non ho ritenuto di avanzare al ministro Speranza in una fase di transizione come questa”.
Ma Draghi troverà il modo di operare una sintesi garantendo ciò che serve al Paese? “Non lo voglio certo definire l’uomo della provvidenza – sorride l’infettivologo – però se non ce la fa lui, in questo momento, non so proprio chi ce la possa fare. E’ evidente che la politica è andata a sbattere, e non ha dato complessivamente una gran prova di sé a un Paese che si aspettava una continuità di intervento che certamente in questo modo ha avuto delle battute d’arresto. O comunque”, la politica nazionale “si è espressa in maniera né confortante né rassicurante nei confronti di una popolazione che è stanca per l’epidemia, preoccupata per il fatto che quelli come me continuano a dire che la situazione” Covid-19 “non è per niente risolta, e magari” proprio per questo davanti alle restrizioni “ha reazioni del tutto opposte, di franco rifiuto”.
Per l’esperto “c’è necessità di una capacità di intervento che fino adesso è stata limitata fondamentalmente da una concreta debolezza, che si manifesta soprattutto con questo balletto continuo tra centro e periferie, tra Regioni che vogliono fare ciascuna come le pare. Una situazione che finisce per essere dannosissima in un Paese come il nostro – conclude Galli – in cui il frazionamento degli interventi diventa particolarmente pericoloso”.

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