I parlamentari del Movimento 5 stelle che hanno votato in dissenso sulla fiducia al governo Draghi sono fuori anche formalmente dai gruppi parlamentari, come era stato annunciato dal capo politico reggente Vito Crimi. C’è chi fa lo spiritoso, come Alvise Maniero: “Vengo espulso dal gruppo dell’Udeur”, scrive su Facebook, e chi come Arianna Spessotto accusa il capogruppo alla Camera Davide Crippa di aver “oppresso il dibattito” e gli consiglia di cambiare mestiere. Ma Crimi rivendica la linea dura: “Ora – avverte – le fila vanno serrate, affinché l’azione del gruppo, della squadra, sia ancora efficace”. Presto saranno espulsi anche quelli che hanno scelto l’assenza strategica dal voto di fiducia. E nell’interpretazione che i vertici stellati danno dello Statuto, tanto basta per essere fuori – senza procedure disciplinari e senza appello – anche dal Movimento (mentre più garanzie e tempi più distesi sono previsti per l’espulsione dei semplici iscritti). Se i ribelli sono fuori dal Movimento, non possono candidarsi alle elezioni del nuovo Comitato direttivo a 5 che dovrebbe sostituire il capo politico, come invece vorrebbero fare Nicola Morra e Barbara Lezzi.
Tutto chiaro, quindi? Non del tutto, visto che Raffaella Andreola, componente dei Probiviri insieme alla ministra Fabiana Dadone e al consigliere regionale del Veneto Jacopo Berti, aveva espresso ieri attraverso la testata laCnews24.it, che sarebbe opportuno frenare, dopo la modifica allo Statuto che ha introdotto il nuovo direttivo: “Tengo sempre a precisare che il collegio dei probiviri si esprime all`unanimità dei propri membri su ogni provvedimento. Ritengo, quindi, opportuno sospendere in questo momento tutte le attività di ordinaria competenza e spettanza del collegio quali richiami, sospensioni ed espulsioni degli iscritti e portavoce del Movimento in attesa che vengano ricostituiti, secondo il mio punto di vista, in maniera completa nel pieno dello svolgimento delle funzioni, oltre che nel rispetto dei contrappesi associativi di tutti gli organi del M5S”. Nessuno ufficialmente fa filtrare altro, gli altri due componenti del collegio tacciono, ma una fonte che ha parlato con gli interessati garantisce che l’idea dell’unanimità necessaria per i Probiviri non è condivisa dagli altri componenti. E in teoria potrebbe non esserci nessuna riunione alle porte.
Intanto Elio Lannutti garantisce: “Il simbolo IDV (Italia dei Valori, ndr) in Senato può far costituire un gruppo formato da almeno 10 senatori”. In realtà, dicono negli ambienti dei senatori No Draghi appena espulsi, “un passaggio nel gruppo misto sarà necessario”, e comunque ancora sul simbolo e sulle interpretazioni regolamentari “non ci sono novità”. Ma la ferita che si è aperta nel M5S continua a sanguinare. Non risulta che si sia aperto un dibattito fra i superstiti (che comunque sono la larga maggioranza dei gruppi di Camera e Senato) su una qualsivoglia ipotesi di mediazione, ma i segnali si sofferenza si vedono. Non critica espressamente i provvedimenti disciplinari Paola Taverna, vicepresidente del Senato, da sempre molto vicina a Beppe Grillo, che sul salto da Conte a Draghi inizialmente si era espressa in modo decisamente negativo. Si è riallineata ma scrive allarmata: “Ricordo che tanti colleghi che hanno votato in dissenso sono parte fondamentale del Movimento, oltre che amici fraterni e compagni di tante battaglie. Serve unità adesso, perché proprio in questo momento comincia la nostra più grande partita”. “Si sono spaventati – racconta una fonte interna al Movimento – perché la base è in rivolta, se gira Morra per la strada lo fermano e gli dicono di tenere duro, Crimi non lo so se potrebbe. Comunque, avevano fatto male i calcoli: pensavano in buona fede che i dissensi si sarebbero limitati a poche unità al Senato e sì e no una decina alla Camera, ma sono stati più del triplo e con i nomi di gente che il Movimento lo ha costruito dal nulla: loro non sono stati in grado di correggere la linea, di cercare un compromesso”.
E ora a far paura è l’appuntamento pubblico fissato per sabato pomeriggio su Instagram da Alessandro Di Battista, che ieri aveva parlato della necessità di fare “opposizione”. Dal M5S fanno filtrare una velina che lo paragona a Matteo Renzi, lui si infuria: “Sono uscito dal Movimento, vivo la mia vita, non mi occupo di correnti, scissioni, nuove forze politiche. Ho solo idee diverse dalle vostre. Rispettatele – avverte l’ex deputato – senza comportarvi da infantili avvelenatori dei pozzi. State al governo? Occupatevi della classe media e della piccola e media impresa. Non di me. Patti chiari e amicizia lunga”. Con un velenoso post scriptum: “Paragonarmi a Renzi significa paragonarmi ad un vostro alleato di governo”.