Poteva accadere solo in Italia che un tale di nome Alberto Gerli, che di professione è ingegnere (perché come indovino fallirebbe) potesse entrare a far parte dei membri del Cts.
La Comunità scientifica è in rivolta per la nomina in quota Lega di Gerli, appassionato di bridge, nel nuovo Comitato Tecnico Scientifico dell’era Draghi.
Autore di un presunto “modello predittivo” dell’andamento della pandemia, finora si è distinto per non aver azzeccato neanche una previsione sulla pandemia.
Dal crollo delle positività in Lombardia a marzo, alla zona bianca in Veneto, ecco tutte le sue sviste.
“Il lockdown non serve più a nulla”, esordì poco dopo l’inizio della prima zona rossa in Lombardia. Gerli sosteneva infatti che l’ondata di coronavirus sarebbe durata 40 giorni e che il suo andamento sarebbe dipeso unicamente da ciò che accade dopo i primi 17. Passati quelli – diceva l’ingegner Gerli – qualsiasi fossero le misure messe in campo, l’epidemia avrebbe fatto il suo corso. Ora, al di là purtroppo di quello che ci ha insegnato la cronaca, nessuno scienziato ha mai capito il perché di quei 17 giorni.
Ma la previsione sul lockdown è soltanto una delle tantissime che ha sbagliato: a fine gennaio sosteneva che in Lombardia i positivi sarebbero passati da 1.700 al giorno a 350 a metà marzo (a metà marzo i casi sono 4.700), il primo febbraio vaticinava il Veneto in zona bianca.
Gerli è molto apprezzato nelle pagine social che sostengono Matteo Salvini, dove è spesso citato come il “controcanto” al “catastrofismo” del vecchio Cts e del governo Conte.
Il ricercatore dell’Ispi, Matteo Villa, ha messo in fila su Twitter tutte le falle del modello Gerli. “Tragicommedia all’italiana. Nel nuovo Cts uno dei membri sarà Alberto Gerli. Quello per cui dopo 17 giorni di misure la pandemia farà il suo corso, non servono misure più forti e in 40 giorni le infezioni “si sgonfiano da sole”. Mettetevi comodi, è una storia bellissima”.
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