Sulla presunta candidatura del cavaliere, Silvio Berlusconi, al Quirinale si sono espressi in molti, anche Romano Prodi con un’intervista alla Stampa. Il Pd è “troppo piccolo per dare le carte sul Colle”, così come troppo piccola è Forza Italia e il suo leader che sogna il Quirinale: ”È un suo legittimo desiderio, ma se anche Berlusconi imparasse a contare, capirebbe che non è realizzabile”.
L’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue afferma che la trasformazione dei 5 stelle da forza antisistema a istituzionalizzata “era fatale”, ma ha aggiunto: “Pensavo che dopo l’uscita di Di Battista il processo accelerasse”. Non sopravvivrebbe a una scissione, però, perché “se si dividono ancora, vanno a finire in nulla”. Quanto a Matteo Renzi, ”è la sua vita che l’ha portato a destra – ha osservato Prodi – Se rompi, rompi, rompi… c’è stato un attimo in cui progettava di dar vita a un centro moderato, poi si è messo a litigare anche con quel poco di centro che c’è!”. Come Carlo Calenda che è “molto più empirico”, è “bravo, ma impaziente. In politica la pazienza è fondamentale”. Paziente è Enrico Letta: Romano Prodi plaude al lavoro di riunione dei riformisti che sta portando avanti.
Nei giorni in cui Italia e Francia rafforzano l’asse e siglano il Trattato del Quirinale con una cerimonia solenne a Roma, Romano Prodi guarda con preoccupazione al di là delle Alpi.
Perché se è vero che l’Europa dei sovranisti sta arretrando, ha spiegato l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue “quello che mi preoccupa è un rigurgito di sovranismo in Francia. Che per motivi di politica interna un uomo come Michel Barnier metta delle piccole zeppe perché è entrato in una situazione pre-elettorale, mi colpisce.
Sa bene che il diritto europeo deve stare sopra quello degli Stati, sennò si sfascia tutto. Ancora una volta c’è un aspetto della Francia profonda che rallenta la corsa”. Ed ancora: “Ho visto molte volte la Francia governare con lo specchietto retrovisore. E invece ora bisogna definire una volta per tutte i confini dell’Europa: entrino Albania, Serbia e gli altri Paesi della ex Jugoslavia. Poi basta. La Turchia ha scelto un’altra strada”.
Secondo Prodi, per esempio, “il dramma delle tensioni che ci sono oggi con Polonia e Ungheria è estremamente inferiore rispetto a quel che sarebbe successo senza l’allargamento”. “Non possiamo noi europei finanziare muri. Davanti a quel che accade in queste ore, anche nella Manica, spero che i Paesi del Nord si accorgano finalmente che l’immigrazione è un problema di tutti e cambino le regole di Dublino” è l’auspicio di Romano Prodi.
Però l’Europa deve uscire dal meccanismo dell’unanimità, “sia per la politica contingente che per il semplice fatto che con il diritto di veto un nano si sente un gigante”. E perché la democrazia deve rispondere con efficienza agli autoritarismi: Prodi osserva “un’involuzione” in molte aree del mondo, come in Africa dove “abbiamo assistito a una gioiosa speranza di democrazia”, ma ora “quelli che hanno vinto le elezioni cambiano la costituzione in senso autoritario per rimanere al potere”.
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