di Antonello Sette
Sottosegretario alla Difesa Mulè, che cosa pensa dell’attacco russo al ministro del suo dicastero Lorenzo Guerini, reo, a quanto sostengono, di essersi trasformato in uno dei falchi della campagna occidentale, dopo che nel 2020 era stato in prima linea fra quelli che avevano loro chiesto un aiuto per contrastare la pandemia?
Penso che l’attacco al ministro Guerini – risponde a SprayNews l’ex portavoce di Forza Italia – rientri in una campagna da una parte di disinformazione e, da un’altra, di velate minacce e questa non è la prima e, purtroppo, non sarà l’ultima. Il ministro degli Esteri russo aveva già inviato, attraverso l’ambasciatore, a tutti i componenti della Commissione Difesa una email, per ribadire che l’eventuale ulteriore aiuto all’Ucraina avrebbe comportato per l’Italia conseguenze enormi e irreversibili. E’ una strategia, rispetto alla quale bisogna mantenere nervi saldi e, soprattutto, non deflettere dal percorso che è stato individuato.
Mosca non perdonerebbe al ministro Guerini di aver promosso una fantomatica attività di spionaggio nei confronti della spedizione umanitaria russa del 2020…
E’ semmai vero il contrario. Bisognerebbe vedere quanti fossero i medici che effettivamente ci aiutarono nella lotta contro la pandemia. Sappiamo per certo che una traccia di dna di Covid venne trasportata in Russia e che, da lì, venne processato lo Sputnik. Casomai, quindi, quella missione servì ai russi per sviluppare il loro vaccino. Mi lasci dire, però, che davanti alla tragedia della pandemia e a quella spaventosa della guerra, sia assurdo sia sovrapporre i due piani e ridicolo tentare di dipingerci come falchi, piuttosto che come altre specie di animali, che in questo momento devono continuare a vivere tranquillamente nella giungla.
Come sa meglio di me, lo Stato Maggiore dell’Esercito ha emanato una circolare, “riferita ai noti eventi”, che è stata da più parti interpretata come una sorta di allerta militare prebellica…
Nulla di tutto questo. E’ una circolare di routine, che viene emanata ogniqualvolta un reparto viene chiamato a un piano operativo. Noi abbiamo quaranta missioni, disseminate in tutto il mondo. Queste circolari, normalmente emanate dallo Stato Maggiore, chiedono ai reparti di tenersi pronti e a chi di dovere di valutare conoculatezza le eventuali domande di congedo anticipato. Un esercito questo deve fare. Un esercito deve sapersi difendere e, conseguentemente, attrezzarsi per questo. Nulla insomma di più normale. Non è un richiamo alle armi. Nessun nostro soldato andrà in Ucraina. I soldati italiani, nell’ambito dell’Alleanza atlantica, andranno, nel caso, a difendere i confini della Nato, come è giusto che sia.
Mulè, noi tutti ci auguriamo che la guerra finisca nel più breve tempo possibile. Non teme, tuttavia, che, anche una volta centrato l’obiettivo della pace, i rapporti fra l’Unione europea e la Russia rimarranno tesi o, almeno, a lungo incrinati?
E’ un rapporto, che va ricostruito e rinsaldato. E’ un rapporto, che deve basarsi sulla reciproca fiducia e, come tale, va rimesso in piedi su delle basi solide. Sono certo che, a questo punto, ci sia da parte della Russia la consapevolezza di trovarsi di fronte a un blocco granitico, quale è quello dell’Unione Europea che, così come è accaduto in questo drammatico frangente, dovrà continuare a parlare con una voce sola, anche durante il dialogo con la Russia.
Da sottosegretario alla Difesa che cosa l’ha più fatta arrabbiare, da quando è scoppiata la guerra?
Arrabbiare nulla. Mi procura angoscia quello che sta accadendo in Ucraina. Provo, più che rabbia, disgusto quando i nostri militari vengono apostrofati come assassini e sono bersaglio di un lancio di sassi, come è accaduto a Taranto. Sono comportamenti che disonorano soltanto chi li compie, in base alla pretesa di essere o di sentirsi pacifista. Tutto questo, cosciente, come sono, dei sacrifici e del rischio quotidiano della vita dei nostri militari, mi disgusta da italiano, prima che da sottosegretario.