Ha fatto discutere la posizione di Vito Petrocelli, senatore 5 stelle e presidente della Commissione Esteri del Senato, vicino alle posizioni russe e molto critico nei confronti delle decisioni del Governo in merito alla guerra. Petrocelli ha voluto mettere in guardia l’opinione pubblica sul rischio di armare le milizie neonaziste ucraine.
“È necessario chiederci dove finiscono le armi che l’Italia sta inviando. Sarebbe molto grave scoprire che arrivano nelle mani di milizie neonaziste o di bande armate”. Insomma “le armi italiane allontanano la pace e sono un elemento di pericolosa destabilizzazione”.
In un tweet aveva già riconfermato le sue intenzioni: “Voterò no alla fiducia sul decreto Ucraina. È sbagliato inviare armi ad un paese coinvolto in un conflitto. Voglio rappresentare in parlamento il sentimento di tantissimi italiani, contro il pensiero unico interventista dei partiti. Ora lapidatemi pure”.
Già eri aveva annunciato: “Credo che il M5s domani mattina voterà il Dl Ucraina: io domani sarò in Aula ma non lo voto. Resto convinto che non sia il caso di esporre l’Italia che segue una linea pacifica di esporsi ai rischi di essere cobelligerante e credo che la posizione maggioritaria del Parlamento non rispecchi la posizione del paese che è molto, molto, schierato a non portare l’Italia in maniera seria dentro questo terribile e schifoso conflitto, iniziato dai russi”. “Dimissioni? Non mi mette in imbarazzo avere un atteggiamento dialogante e poter mantenere una voce che rappresenta al momento la maggioranza degli italiani. Pensare di far diventare anche la Commissione Esteri una rappresentazione di questa maggioranza assoluta, inamovibile su questi temi, per me è intollerabile”.
Quanto invece alla sua espulsione dal M5s, Petrocelli conferma: “Sin dall’inizio Conte mi ha detto che se avessi perseguito con questa linea che non è quella del M5s mi sarei posto fuori dal Movimento. Ed è una cosa che io non contesto. Quello che contesto è che il mio Movimento che aveva un programma politico ben preciso anche in politica estera, oggi invece si mette nella condizione di rinnegare un percorso”.