Ricordando Aldo Moro: spunti forse utili per affrontare costruttivamente la crisi

Il leader democristiano  favorì ed istituzionalizzò una serie di aperture e di prospettive pacifiche o almeno di maggiore comprensione tra i due blocchi

Ricordando Aldo Moro: spunti forse utili per affrontare costruttivamente la crisi
Aldo Moro e Benigno Zaccagnini
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Nuccio Fava Modifica articolo

16 Luglio 2022 - 17.04


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Colpisce, tra un prevalere della tentazione populistica e dell’artificiosa e superficiale suggestione per risposte inevitabilmente demagogiche, l’assenza di una riflessione sul pensiero e l’azione di Aldo.

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L’assassinio della scorta, la prigionia e il crudele epilogo a Via Caetani hanno inevitabilmente concentrato l’attenzione su quegli elementi terribili e crudeli della sua esistenza mentre era però impegnato nel difficilissimo compito di favorire con Berlinguer la formazione di un governo di solidarietà nazionale e sperimentare una fase davvero nuova e difficile della politica italiana. 

Inesorabilmente queste tragiche vicende hanno esaurito e assorbito quasi del tutto l’interesse e l’attenzione per il disegno moroteo, carico di significati e di ipotesi ben più ampie e profonde per l’Italia e la stessa Europa. In particolare, si è quasi del tutto trascurato l’interesse e la passione costante di Moro per la condizione dell’Europa e i problemi acuti dell’eredità di una “Guerra Fredda” dura e insuperabile. 

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Anche su questo terreno però Moro fu protagonista paziente di coraggiose scelte di distensione e di dialogo ai tempi dell’Urss di Breznev e della stessa crisi dei missili a Cuba, in una sostanziale consonanza con Willy Brandt sulla drammatica questione della Germania divisa in due in una situazione che faceva ritenere insuperabile la contrapposizione più dura della Guerra Fredda, rappresentata dalla divisione dell’Europa. 

Mentre Moro, anche da Ministro degli Esteri, promuoveva con discrezione e prudenza gli approdi positivi della Conferenza di Helsinki con passi avanti significativi nel rapporto e nel dialogo addirittura con l’Unione Sovietica. Il leader democristiano  favorì ed istituzionalizzò una serie di aperture e di prospettive pacifiche o almeno di maggiore comprensione tra i due blocchi coerenti ahimè, già nella denominazione, con il clima di Guerra Fredda. Con un ruolo allora rilevante della chiesa di Paolo VI e dei cardinali Silvestrini e Casaroli che promuovevano discretamente comprensione e comunque dialogo e non insulti e invettive dal tono inequivocabilmente imperiale come quelle del presidente Putin. Anche queste riflessioni costituiscono un patrimonio della storia recente del nostro paese, davvero recente se si ricorda che la Conferenza di Helsinki si concluse nel caldo delle temperature di luglio e agosto del 1975 e toccò proprio ad Aldo Moro firmarne l’atto conclusivo. 

Purtroppo, non è un tempo di adeguata memoria e di tutto questo si rischia di perdere ogni traccia nella coscienza del Paese e dei protagonisti politici, mentre sarebbe oltremodo utile conservare almeno vivo il ricordo di fatti e sviluppi possibili anche nei rapporti tra Est e Ovest, rifiutando atti di aggressione e di guerra come oggi accade con la Russia di Putin ed un clima generale di incomunicabilità e di incomprensione che giunge a ipotizzare il rischio presente di guerra atomica. Mentre ai tempi della Guerra Fredda, quando a Berlino si costruivano muri, e la città era divisa nei quadranti americano, francese, inglese e sovietico, si poteva attraversare di notte la Porta di Brandeburgo per raggiungere l’ostello studentesco, che ospitava i soci dell’Associazione Internazionale della Gioventù Atlantica Europea. 

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Il dialogo e il confronto testimoniavano dell’interesse e del carattere pacifico dell’atlantismo con il contributo quotidiano di Willy Brandt, allora sindaco di Berlino. Egli infondeva speranze e fiducia nella unificazione delle due Germanie e il nostro accreditamento e lo svolgimento dello stesso convegno, ben conosciuto anche nella Germania dell’Est, veniva sostanzialmente tollerato e considerato comunque di impostazione pacifista favorevole al superamento dei blocchi. Eravamo giovani studenti universitari di tutta Europa non senza ingenuità ed ottimismo ma un segno inequivocabile di una volontà di dialogo indispensabile per un’Europa fattore di equilibrio e di pace.

Anni che appaiono ormai lontanissimi rispetto alla condizione presente, alla miopia feroce di Putin e alla tragedia dell’Ucraina che con la sua inesorabile prosecuzione sconvolge il mondo. Ecco perché mi ha favorevolmente colpito l’intervento di Marco Pollini sul Domani che invita con garbo anche Mattarella e Draghi a riprendere in qualche modo la “lezione” di Aldo Moro e la sua insistenza sull’indispensabilità e urgenza di un rinnovamento profondo della politica giungendo addirittura a chiedere alla DC di “essere alternativa a sé stessa” nella difficile e necessaria ricerca di una intesa col partito di Berlinguer per affrontare finalmente la storica questione del “bipartitismo imperfetto”, sottolineata in continuazione da Giorgio Galli che giustamente provocava anche noi studenti universitari. Sarebbe superficiale e sciocco chiedere al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio di imitare Aldo Moro.

 Può tuttavia non essere superfluo ed irrilevante, in un contesto così drammatico, suggerire con rispetto e modestia a Draghi e Mattarella di non rinunciare ad ogni sforzo possibile per non smarrire mai l’interesse di fondo dell’Italia e dell’Europa.

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