Vincenzo De Luca, esponente del Pd e Governatore della Regione Campania, ha commentato il pesante ko elettorale, senza risparmiare profonde critiche al partito. Con il suo intervento, però, De Luca ha voluto anche guardare con ottimismo al futuro dei Democratici, a partire dal vastissimo pubblico di elettori, iscritti e attivisti.
«Avverto fra la nostra gente un clima di depressione, di `fine della storia´. Credo sia indispensabile uscire subito da questo stato d’animo. Il colpo è stato duro. Ma occorre reagire con forza. Chi si è stancato, stia a casa. Per chi vuole combattere è necessario guardare in faccia la realtà, con l’umiltà, il rigore, lo spirito autocritico necessariamente spietato, che ci è richiesto ora».
“Il Pd parla una lingua morta”
«Prima che un problema di uomini e di programmi, c’è un problema di relazioni umane. Nei nostri confronti è cresciuto un sentimento di insofferenza, di estraneità. Veniamo percepiti come un misto di presunzione, di supponenza e di inconcludenza. Il nostro linguaggio ha dimenticato le parole della gente normale».
«Parliamo una lingua morta – aggiunge -. Spesso, non ci ascoltano neanche. Offriamo, il più delle volte, un personale politico senza nessun legame con i territori, cresciuto nelle stanze ammuffite delle correnti, o nei salotti pieni di luce e privi di aria. Non si vede gente che provenga dalla fatica e che conosca l’odore della terra bagnata, o il rumore di una fabbrica o l’angoscia di una vita di povertà, di una bottega che chiude, di un lavoro che non arriva mai».
“Il Sud? E’ scomparso da anni nei programmi del partito”
«Dopo le elezioni, abbiamo davanti un problema politico enorme: è in gioco, ormai, il carattere di forza nazionale del Pd. Il Sud è scomparso dal suo orizzonte da anni e anni. E in queste condizioni, si rischia di diventare un partito meno che regionale, condannato all’ininfluenza».
“Ora subito un congresso aperto alla partecipazione popolare”
«Ho apprezzato la grande dignità personale e politica espressa da Letta. Bene un congresso rapido, e quanto più aperto alla partecipazione popolare, e non autoreferenziale. Occorrono chiarimenti di fondo. In questi anni – aggiunge -, mi è capitato di segnalare innumerevoli volte le criticità, i vuoti programmatici, le degenerazioni della vita interna. Non ricordo, francamente, dirigenti che abbiano avuto il coraggio di parlare per tempo e con chiarezza. Ricordo solo gente politicamente corretta, e ben nascosta e mimetizzata. Si dovrà parlare anche di tutto questo, in una stagione politica, che ci obbliga a un linguaggio di verità».
Poi incalza la destra: «Per il resto, occorre avere fede e senso della storia. Con rispetto, attendiamo all’opera i vincitori delle elezioni. `Nihil dictu facilius´: nulla è più facile che parlare. Governare e decidere, è un’altra cosa».
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