Matteo Salvini punta al Viminale. Che il posto di ministro dell’Interno interessi particolarmente al leader della Lega non è un mistero, da lì Salvini potrebbe scatenare tutta la sua macchina propagandistica fatta di felpe della polizia e fantomatici blocchi navali, per solleticare la pancia del proprio elettorato. Secondo l’AdnKronos, nella blindatissima riunione con i parlamentari eletti domenica scorsa dal partito, Salvini ha chiarito il suo pensiero sul suo posto al governo: «Io credo sia giusto che torni a fare il ministro dell’Interno – avrebbe detto in sintesi nel suo intervento – .Credo che è un lavoro che so svolgere, che mi interessa fare, per cui sono finito pure a processo». Un appello che i suoi eletti, tra applausi e inni avrebbero fatto proprio, chiedendo da parte loro che il leader sia scelto per succedere alla Lamorgerse. Una sorta di mandato dei neo-eletti che il partito potrà far pesare nelle trattative in corso con la premier in pectore Giorgia Meloni, e gli alleati di Fi.
Quelle di Salvini «sono state parole di chiarezza, dirette» spiega uno dei partecipanti al meeting. Una richiesta su cui anche il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari si è speso: «Ha saputo fare quel lavoro, lo ha dimostrato ed è giusto ci torni». Poi Salvini avrebbe chiarito che non esistono subordinate: «Non mi interessano altri incarichi, in altri ministeri». Ma la discussione sul nuovo governo, sulle caselle, che è appena iniziata, si dovrà muovere (anche) sulle ipotesi alternative. Nello specifico pesano i possibili interventi del Colle a lista dei ministri presentata e le vicende giudiziarie che riguardano Salvini, il processo Open Arms in corso a Palermo.
Qualcuno ricorda il monito dell’avvocato Giulia Bongiorno, che all’inizio della stagione dei processi per Salvini, alla fine del governo giallorosso, quasi tre anni fa, non nascose il timore per le conseguenze politiche («i processi sono come brutte malattie», disse). Di fronte a questi problemi oggettivi il leader della Lega si impunta e prova a fare muro, spalleggiato dai suoi. Un modo per alzare la posta, in vista di altre soluzioni su cui potrebbe convergere, nella dialettica tra alleati che andranno insieme alla guida del prossimo governo.
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