Da ministro-prefetto a ministro-pinocchio: l'irresistibile discesa di Matteo Piantedosi

Il ministro degli Intrerni Piantedosi dice che con le Ong in circolazione aumentano gli sbarchi. Ma è vero l'esatto contrario. E chi lo dice? Il Viminale.

Da ministro-prefetto a ministro-pinocchio: l'irresistibile discesa di Matteo Piantedosi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Novembre 2022 - 14.41


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Un ministro che contraddice i dati del suo stesso ministero. Da ministro-prefetto a ministro-pinocchio. L’irresistibile discesa di Matteo Piantedosi.

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Realtà negata per una narrazione colpevolizzante

A darne conto è un documentato report di Antonio Maria Mira su Avvenire: “La presenza delle navi delle Ong fa aumentare gli sbarchi sulle coste italiane”. È una delle frasi più ripetute da esponenti del governo e della maggioranza di centrodestra per colpevolizzare le organizzazioni umanitarie – scrive Mira-. E lo ha sostenuto anche il ministro Piantedosi parlando di un ‘fattore di attrazione”  durante la sua informativa alle Camere. 

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Ma è vero l’esatto contrario. Da quando le Ong sono state bloccate dal ministro dell’Interno, gli immigrati sbarcati sono quasi raddoppiati. Lo rivelano proprio i dati ufficiali di Viminale, il cosiddetto “cruscotto giornaliero”. 

Prendiamo in esame gli ultimi due mesi. Dall’1 al 24 ottobre, giorno dell’intervento del ministro Piantedosi, con le imbarcazioni delle Ong in mare, sono sbarcate 7.244 persone. Dal 25 ottobre a oggi ne sono sbarcate 13.703 (mancano ancora alcune centinaia sbarcate negli ultimi due giorni). Tutto questo senza imbarcazioni delle Ong. E in meno giorni. Con un ritmo di arrivi che non accenna a calare, soprattutto a novembre, con sbarchi giornalieri mai inferiori a 400, col picco il 3 e il 14 con 938 e 1.258. Nello stesso periodo 24 ottobre-15 novembre, del 2021 erano sbarcate 6.413 persone. E allora le Ong operavano. 

Piantedosi nel suo intervento ha affermato che dall’1 gennaio 2021 al 9 novembre 2022 le Ong hanno portato sulle coste italiane 21.046 migranti, di cui 9.956 nel 2021 e 11.090 nel 2022. Vero ma per il 2021 rappresentano il 14% del totale degli sbarchi e per il 2022 l’11%.Dunque addirittura un calo, mentre cresce il totale degli sbarchi. Ma sono sbarchi autonomi o soccorsi da Guardia costiera, Guardia di Finanza e navi mercantili di varie nazionalità. Anche questi sono dati ufficiali del Ministero.

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Un’ulteriore conferma arriva dall’ultimo rapporto di Frontex. Nei primi dieci mesi del 2022 gli arrivi di immigrati rilevati ai confini esterni dell’Ue sono stati circa 275.500, in aumento del 73% rispetto ai primi dieci mesi del 2021. La rotta più attiva è quella dei Balcani Occidentali, dove si sono registrati 128.438 attraversamenti, in aumento del 168%. Una rotta terrestre, dove, ovviamente, non ci sono le Ong. E un fortissimo aumento ha avuto anche la rotta del Mediterraneo Orientale (dalla Turchia o dalla Libia orientale), con 35.343 arrivi (+122%). E anche qui non operano le Ong, ma solo le imbarcazioni della Guardia costiera e della Gdf. Mentre la rotta del Mediterraneo Centrale, quella che porta a Lampedusa e dove operano le Ong, pur essendo la seconda in numero assoluto con 79.140 rilevamenti è cresciuta “solo” del 48%. 

Ma dove finiscono tutti questi immigrati? 

Come confermato anche per gli ultimi sbarchi in Calabria dalla rotta turca (ma anche per quelli in Puglia), gran parte delle persone, soprattutto afghani, curdi, siriani, non fanno domanda d’asilo e accettano tranquillamente il decreto di respingimento, anche se avrebbero sicuramente diritto alla protezione internazionale, perché vengono da Paesi in guerra o dove dominano violenza e persecuzione. Ma non vogliono restare in Italia. Per loro è solo luogo di sbarco e di transito per poi raggiungere il Nord Europa, soprattutto attraverso il confine italo-francese. Un percorso in aumento. 

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La prova ce la fornisce Martina Cociglio, operatrice legale del servizio della Diaconia valdese che partecipa, con altre organizzazioni, al progetto Open Europe, sulle tre frontiere, quella di ingresso di Trieste e quelle in uscita di Ventimiglia e Oulx in Val di Susa. A settembre su 391 persone contattate 59 venivano dalla rotta turca, 309 da quella balcanica, 11 da quella libica, 7 da quella tunisino-algerina. E questo spiega perché 268 fossero afghani, seguiti da 45 iraniani e 33 marocchini. Ben 14 le famiglie con figli, anche molto numerose, e in gran parte afghane, 4 quelle senza figli, 69 i minori non accompagnati (66 afghani). A ottobre calano le persone contattate che sono state 232, ma non la provenienza: 165 dalla rotta balcanica, 33 da quella turca, 18 da quella libica, 7 da quella tunisino-algerina. La maggioranza restano gli afghani, con 120 persone, seguiti da 34 iraniani, 28 marocchini, 7 del Burundi e 6 siriani. E in gran parte afghane le 9 famiglie con figli, le 8 senza figli, e i minori non accompagnati (20 su 22).

I dati di novembre fino al 15 segnalano un aumento considerevole degli arrivi dalla rotta turca. Su 172 contattati 74 venivano dalla rotta balcanica, 64 da quella turca, 25 da quella libica, 5 da quella tunisino-algerina. Quanto alle nazionalità 66 erano afghani, 37 iraniani, 24 marocchini, 6 turchi. Otto le famiglie con figli (anche con mamme incinte e bimbi molto piccoli), 5 quelle senza figli, 10 i minori non accompagnati”.

Così Mira.

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Un Governo disastroso

Ne scrive Giulia Capitani, Migration Policy Advisor Oxfam Italia, nel blog su Il Fatto Quotidiano.it.

“Il comportamento del Governo Meloni nella gestione degli sbarchi degli scorsi giorni è stato disastroso da molti punti di vista. Non che potessimo aspettarci niente di diverso: immigrazione e diritti civili saranno i principali obiettivi della propaganda di un esecutivo che dovrà far digerire al suo elettorato sovranista un inusitato europeismo. Quanto avvenuto in questi giorni va però oltre le aspettative, rivelando una gestione incompetente, priva di nuove idee (anche cattive), arroccata sugli evergreen aggressivi e vittimistici dei tweet salviniani del 2018. Che, sondaggi alla mano, alla Lega non hanno portato esattamente fortuna.

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Tre sono i piani che sono stati rapidamente disarticolati dal nuovo esecutivo, con un impatto ancora tutto da valutare: quello delle norme, quello della diplomazia e quello della narrazione.

La legge. Un orpello da dismettere se non fa il gioco del Governo

In occasione degli sbarchi nel porto di Catania, il Governo ha calpestato, nell’ordine:

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– la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS);
– la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (SAR);
– la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS);
– la Convenzione di Ginevra;
– la Convenzione Europea dei Diritti Umani, la Carta dei diritti fondamentali della Ue.

Tutte regolarmente recepite dall’Italia con apposite norme interne, dunque anch’esse violate, così come l’articolo 3 della nostra Costituzione. A ciò si aggiungono i cosiddetti decreti di sbarco selettivo, applicati alle navi delle Ong (non tutte, tra l’altro) ma non alle motovedette della Guardia Costiera che anche in queste ore hanno garantito lo sbarco a centinaia di persone. Tali decreti rappresentano una novità abnorme dal punto di vista giuridico. È semplicemente impensabile infatti che le navi di salvataggio, fatti scendere i sopravvissuti di gradimento del Governo, possano riportare gli altri in acque internazionali: capitani e armatori conoscono la legge meglio dei nostri ministri, e sanno che si tratterebbe di respingimento collettivo, punibile per legge.

Sullo spettacolo degradante di medici che scelgono tra centinaia di persone sfinite e malate quelle più sfinite e malate, crediamo si sia già detto tutto. Ci preme solo ricordare che il personale dell’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF) che si è prestato a tale pratica è stato giustamente denunciato all’Ordine dei Medici per violazione del codice deontologico.

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Quanto alla trovata dello stato di bandiera delle navi come destinatario dello sbarco o responsabile di accogliere le domande di asilo, è del tutto errata. Semplicemente non esiste, in nessuna norma, l’obbligo per il capitano di una nave di accogliere domande di protezione internazionale di naufraghi soccorsi, e in ogni caso nulla cambierebbe rispetto all’obbligo di sbarcare i naufraghi nel più vicino porto sicuro disponibile.

La diplomazia. Un capolavoro di isolamento internazionale alla vigilia del G20

L’incidente diplomatico con la Francia, per il quale si è dovuto scomodare addirittura il Presidente Mattarella, apre inoltre uno scenario preoccupante. Sia chiaro: né l’Unione europea, né molti dei suoi stati membri possono rivendicare politiche rispettose dei diritti dei rifugiati. La Ue continua il suo cammino verso una sostanziale dissoluzione del Sistema Comune di Asilo, attraverso la riforma del Patto Europeo su Migrazione e Asilo. La Francia ha di fatto da anni sospeso il codice Schengen ai confini con l’Italia, nel cui territorio respinge anche i minori soli.

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Ma è evidente che gli errori degli altri non giustificano i nostri, e che collezionare improbabili gaffe non rinforza la posizione internazionale dell’Italia. La Premier andata a rappresentare il nostro Paese al G20 è la stessa che qualche giorno fa, in conferenza stampa, accusava i giornalisti di averla indotta a credere che la Francia fosse d’accordo ad accogliere i naufraghi della Ocean Viking. Come se non spettasse a lei e al suo ministro degli esteri verificarlo nelle apposite sedi. La dichiarazione congiunta dei ministri degli Interni promossa dal ministro Matteo Piantedosi è stata alla fine firmata solo da Grecia, Cipro, Malta (non proprio dei colossi sullo scacchiere europeo), e rifiutata dalla Spagna con motivazioni che dovrebbero farci riflettere sul capolavoro di isolamento diplomatico che questo governo ha realizzato in pochi giorni.

La narrazione. Dai media sparisce il Covid, arrivano le Ong

Ovviamente i media in questi giorni non hanno parlato d’altro, oscurando il racconto dei veri problemi del Paese. Non si tratta di un effetto collaterale, ma di uno dei principali obiettivi dello schema narrativo tipico di ogni Governo debole che si vuole autoritario: la costruzione e la persecuzione mediatica del nemico. Che non è più rappresentato tanto dai rifugiati (semmai dagli “immigrati illegali”: come il Governo distingua tra gli uni dagli altri, però, non è chiaro), ma dalle Ong, accusate di non rispettare le leggi (ma non si dice mai quali leggi) e di perseguire interessi privati. Non solo: di essere dei “centri sociali”, interessati all’impatto politico del loro lavoro. Sorprenderà forse il Governo sapere che per noi non è un’offesa: lavorare a servizio della collettività e contribuire alla costruzione di relazioni positive e di senso comune (è questa la politica) è esattamente quello che vogliamo fare.

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Il Governo Meloni ha bisogno del suo nemico  – conclude Capitani – per cementare il consenso. Purtroppo, niente di nuovo. Come Oxfam, ci chiediamo se davvero l’Italia abbia bisogno di tutto questo. Un paese infragilito dalla pandemia e dalla recessione, con 15 milioni di poveri a cui dare risposta, oltre 250 mila giovani tra i 18 e i 34 anni fuggiti all’estero negli ultimi dieci anni, con i fondi del Pnrr da spendere presto e bene, che cosa se ne fa della insulsa guerra a chi soccorre naufraghi? Chissà se qualcuna delle tante persone che hanno dato il voto a questo esecutivo sta cominciando a porsi la stessa domanda”.

Concordiamo fin nelle virgole con la esponente di Oxfam. Tranne che sul passaggio finale. La destra identitaria che governa l’Italia ha bisogno vitale di un Nemico da additare come fonte di ogni male. I migranti sono il “male assoluto”. E per quella parte degli italiani che hanno votato Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia l’hanno fatto anche sulla base di questa convinzione. Alla presidente del Consiglio va dato atto di non aver mai mascherato e/o edulcorato ciò che pensa dei migranti. 

Sui migranti la Cei “scomunica” il Governo

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Anche i vescovi italiani bocciano senza appello il governo Meloni

Meloni sulla gestione dei migranti. ”Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?”. Per i vescovi italiani, sbarrare le porte ai migranti fa parte del diffondersi di una “cultura di morte”.

Il durissimo atto d’accusa dei vescovi è contenuto del messaggio della Cei per la 45/a Giornata Nazionale per la Vita. I vescovi vi esprimono “la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali”. Tanto più, aggiungono, che “dietro tale ‘soluzione’ è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”.

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