Dal Decreto “anti Ong” all’altrettanto pessimo “Decreto Cutro”. Il tutto all’interno dello stato d’emergenza nazionale decretato per far fronte ad una (inesistente) “invasione di migranti.
Perseverare è diabolico. Ma sono andati oltre
Annota Daniela Frassini su Avvenire: “Una nave in più per spostare i migranti e l’hotspot in gestione alla Croce Rosa: il governo affila le armi per assicurare «adeguati livelli di accoglienza» sull’isola da mesi in prima linea con l’emergenza umanitaria dei flussi migratori. Migliaia di disperati che approdano sulla più grande delle Pelagie dopo essere stati soccorsi in alto mare o con sbarchi autonomi su piccole carrette che partono soprattutto dalla Tunisia e dalla Libia. Sono questi i due principali emendamenti al decreto Migranti arrivato in Senato.
Fino al 31 dicembre 2025 il ministero dell’Interno potrà avvalersi della Croce rossa italiana per la gestione dell’hotspot di Lampedusa “al fine di assicurare adeguati livelli di accoglienza”. È una delle novità introdotte da un emendamento al decreto proposto dal governo e depositato nella commissione Affari costituzionali del Senato. In base all’emendamento, inoltre, alla struttura di Lampedusa saranno estese le deroghe previste dall’articolo 10 del decreto, ossia si potrà derogare al codice dei contratti pubblici bypassando di fatto i bandi di gara. Un altro emendamento prevede – tra l’altro – l’esclusione dei richiedenti asilo dalla rete Sai (Sistema di accoglienza ed integrazione). Significa che essi (la stima è che siano 1.926 persone) dovranno essere inseriti nei centri di accoglienza governativi “per stranieri irregolari” e negli hotspot. Ciò comporterà un aumento delle spese di 16,7 milioni di euro per il 2023. Complessivamente il costo per l’accoglienza nell’anno in corso è così stimato in 853 milioni di euro: 807 milioni per i 54.446 richiedenti asilo, 16,7 milioni per i 1.926 non più inseriti nel Sai e 29 milioni per i circa 11mila ucraini ospitati nei primi tre mesi dell’anno”.
Accogliere con dignità è possibile. E’ doveroso.
Il 22.mo rapporto annuale del Centro Astalli – presentato ieri a Roma – dimostra che accogliere i rifugiati con dignità è possibile. La dimostrazione è nel modello che è stato applicato ai 170mila profughi ucraini che l’Italia ha accolto nell’ultimo anno. Una lezione che l’Italia, tuttavia, non ha voluto imparare. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, non nasconde la propria amarezza e delusione di fronte al varo dello stato di emergenza sull’immigrazione deciso dal governo: “La risposta ai flussi sono politiche umane e non una politica senza visione e senza futuro”. A respingere con fermezza l’idea che l’Italia si trovi di fronte a una ‘nuova’ emergenza migranti è anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, intervenuto alla presentazione del rapporto: “Sono 40 anni che dobbiamo uscire dalla logica emergenziale, chiediamoci perché ci piace o ci costringiamo a stare nell’emergenza”. Quello che serve al Paese, ha aggiunto l’arcivescovo di Bologna è “una visione che guardi al futuro”.
Diritti negati
La strada della protezione temporanea per chi fugge dalle guerre – così come avvenuto per i profughi ucraini – dà la possibilità di accedere da subito al mondo del lavoro e di avviare un concreto processo d’integrazione. Il rapporto del Centro Astalli rileva come le principali nazionalità dei richiedenti asilo siano quelle afghana, siriana, somala, nigeriana; tutte aree caratterizzate da violenze e conflitti. Tra gli ostacoli all’accoglienza e all’integrazione il rapporto rileva in particolare l’intricata burocrazia che costringe a periodi di attesa lunghissimi e la quasi impossibilità di accesso a soluzioni abitative stabili.
Aumentano le vulnerabilità
Sono sempre più numerosi tra le persone in fuga i casi di gravi vulnerabilità fisiche o psicologiche che spesso derivano da esperienze di traumi e violenze legati proprio alla storia migratoria dei rifugiati. L’assenza di misure specifiche rende particolarmente difficile pianificare progetti di inclusione finalizzati all’autonomia.
Le nuove misure varate dal governo italiano in materia di immigrazione preoccupano il Centro Astalli anche per le ricadute negative che potrebbero avere sui percorsi d’integrazione già in corso. Sulla possibilità prevista dal decreto Cutro che venga tolta la protezione speciale, il cardinale Zuppi ha auspicato che si pensi innanzitutto a far bene la protezione ‘normale’: “garantire diritti e combattere l’illegalità con la legalità. La porta deve essere aperta e bisogna avere criteri seri per garantire il diritto”. Per padre Camillo Ripamonti si tratta di un rischioso passo indietro che rischia di riportare in una situazione di irregolarità decine di migliaia di persone.
Il 2022 è stato l’anno in cui le sirene della guerrasono tornate inaspettate a farsi sentire forte alle porte dell’Europa. È stato l’anno in cui gli Stati dell’Unione hanno accolto oltre 4,4 milioni di profughi in fuga dagli orrori dell’Ucraina e sembravano aver mosso dei passi sulla via della consapevolezza che le migrazioni sono un fenomeno globale e complesso che richiede uno sforzo di coesione. Una consapevolezza che invece non si è dimostrata altrettanto matura di fronte ad altre tragedie e ad altri migranti.
È stato l’anno in cui si è continuato a distogliere lo sguardo da quanto accade nel Mediterraneo, dove in assenza di canali di ingresso legali e sicuri continuano a morire migliaia di persone.
E mentre l’Europa appare smarrita e ripiegata su se stessa, perdendo così di vista ancora una volta i propri valori fondanti, in Italianon si smette di gridare all’emergenza per 105.129 migranti, di cui 13.386 minori non accompagnati, arrivati via mare nel 2022.
Mentre 170mila cittadini ucraini sono giunti in Italia nel corso dell’anno: la maggior parte ospitata da connazionali già residenti nel Paese, e solo un 20% in strutture d’accoglienza pubblica, fugando così un’iniziale apprensione per l’impatto che la guerra avrebbe avuto sul sistema nazionale.
È stato l’anno in cui la mancanza, spesso cronica, di posti nell’accoglienza istituzionale è emersa in tutta la sua criticità: molte le persone provenienti dalla rotta balcanica, che si trovano a dormire all’addiaccio o in ricoveri di fortuna pur avendo fatto domanda di asilo in Italia.
È stato l’anno in cui è emersa in tutta la sua criticità e urgenza la mancanza di opportunità abitative autonome per i rifugiati oltre l’accoglienza istituzionale.
È stato l’anno in cui si è registrato un aumento del numero delle vulnerabilitàfisiche, sanitarie e psicologiche di cui le persone sono portatrici, cui corrispondono difficoltà maggiori nel vedersi garantiti diritti basilari e l’accesso alla protezione. Alcuni degli ostacoli più incomprensibili e inattesi che i rifugiati incontrano in Italia sono infatti proprio quelli burocratici: dalle file interminabili fuori dalle Questure per presentare richiesta di asilo, al rischio di marginalizzazione e di poter accedere ad alcuni diritti causato daldigital divide.
“Non nascondo amarezza e delusione di fronte a questa ennesima misura” dello stato di emergenza sull’immigrazione deciso dal governo: “La risposta ai flussi sono politiche umane e non una politica senza visione e senza futuro”. Lo ha detto padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, in apertura del suo intervento durante la presentazione del Rapporto annuale 2023. Anni fa la risposta è stata gli accordi con la Libia. E da quanto tempo sappiamo che la capienza dell’hotspot di Lampedusa è di 400 posti?”. Padre Ripamonti ha sollecitato l’urgenza di “sistematizzare con continuità vie legali d’ingresso e questo è un compito che gli Stati non possono delegare alla sola società civile”. Inoltre ha espresso preoccupazione per “l’intenzione di restringere di nuovo le maglie di alcune tipologie di permessi o pensare di abrogarne altri, perché questo creerebbe altra marginalità”.
A padre Ripamonti si è rotta la voce quando, al termine del suo intervento, ha chiesto “perdono” ai rifugiati presenti: “Vi chiedo perdono. Per quello che non abbiamo saputo, potuto, voluto, avuto il coraggio di fare”.
Abbiamo avuto emergenze enormemente maggiori di questa”, ha sottolineato da parte sua il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, della nel corso di una tavola rotonda moderata da Bianca Berlinguer. “Credo che nel 2011 il governo Berlusconi dichiarò l’emergenza, da allora anche in situazioni con più di 170mila ingressi l’anno come nel 2014, non è stata dichiarata l’emergenza”. Secondo l’arcivescovo di Bologna, semmai, “la vera emergenza è Lampedusa, anche lì potremmo dire un’emergenza sempre relativa perché se il Papa dieci anni fa c’è andato è difficile dire che è un’emergenza nel senso che è uno tsunami che arriva improvvisamente”. Più in generale, “sono quaranta anni che dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza”, ha detto Zuppi: “Verrebbe da dire: perché ci piace tanto la logica dell’emergenza? Perché ci costringiamo a stare in una logica di emergenza? Può essere che uno tiri fuori le cose migliori quando non può farne a meno, ma col passar del tempo ci si logora e si tirano fuori le cose peggiori. Dobbiamo dare risposte che guardino il futuro e tengano presente il mondo: conviene anche a noi, renderà migliore la nostra casa, oltre che provare ad aiutare questo mondo ad essere più umano”. Interpellato da Bianca Berlinguer sul ruolo delle ong, il cardinale Zuppi ha sottolineato che “la legge del mare è salvare chi è in pericolo”, ed ha commentato le critiche che vengono indirizzate al settore che si occupa di aiuto umanitario ricordando la leggenda secondo la quale la Caritas si arricchirebbe nel lavoro di accoglienza: “Mi verrebbero da dire delle parolacce”, ha detto il cardinale, “ma non posso…”
Neanche noi di Globalist diciamo parolacce. Ma i securisti al governo, e i loro aedi mediatici, se le meriterebbero, eccome…
C’è chi dice no
Il Tavolo Asilo e Immigrazione e decine di altre organizzazioni e reti impegnate nella promozione dei diritti di rifugiati e migranti, intende esprimere ancora una volta il proprio dissenso sul Ddl 591/2023 di conversione del DL 20/2023, cosiddetto Decreto Cutro, che ripropone formule vecchie che già in passato hanno mostrato di non risolvere alcun problema, ma anzi di produrre ulteriori ingiustizie e difficoltà.
Anche la dichiarazione dello stato di emergenza sull’immigrazione da parte del governo non fa che alimentare un dibattito lontano anni luce dalla realtà.
Dal 2014 al 2017 sono sbarcate 623 mila persone, sono state presentate 400 mila domande d’asilo e sono state registrate nel sistema d’accoglienza 528 mila presenze (molte delle quali durate più di un anno). Negli stessi anni siamo arrivati ad ospitare più di 190 mila persone senza che sia stata dichiarata alcuna emergenza.
Continuare a usare l’immigrazione come argomento di campagne mediatiche volte a raccogliere facile consenso indicando sempre gli stessi capri espiatori, non solo non è nell’interesse del Paese, ma rischia di generare ulteriori problemi per la pubblica amministrazione e per i territori coinvolti, oltre che per le persone.
Il 18 aprile 2023, in concomitanza con il passaggio in aula del Ddl 591/2023, abbiamo convocato una conferenza stampa alle 12 presso l’Hotel delle Nazioni, in Via Poli 6, per proporre le alternative agli interventi del governo e della maggioranza.
Subito dopo la conferenza stampa, alle 14, le organizzazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione convergeranno in Piazza Santa Maria di Loreto, vicino Piazza Venezia, alla manifestazione promossa insieme ad associazioni di tutta Italia, per esprimere il nostro dissenso e dare voce alle persone che hanno subito e subiscono le conseguenze degli interventi sbagliati e inaccettabili del governo.
Invertire la rotta.
Mobilitazione nazionale contro la conversione in legge del Decreto Cutro. #NONSIAMODACCORDO
“Le organizzazioni e le reti firmatarie di questo appello esprimono grande preoccupazione e contrarietà ai contenuti del Ddl 591/2023, meglio conosciuto come “Decreto Cutro”, ora in discussione al Senato.
Varato all’indomani del naufragio del 26 febbraio scorso come risposta del Governo alle stragi nel Mediterraneo, il decreto in realtà non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone. Al contrario, prevede condizioni peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale.
In particolare, contestiamo i provvedimenti che mirano a smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, che aveva in parte attutito i disastrosi effetti dell’abolizione della protezione umanitaria, a potenziare la rete dei Centri per il Rimpatrio, a ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego.
Com’è possibile sostenere che queste misure preverranno il traffico di esseri umani? Si tratta invece, con tutta evidenza, di interventi che renderanno sempre più difficile il soggiorno regolare e una positiva integrazione in Italia e che contribuiranno alla criminalizzazione delle persone migranti, a detrimento non solo loro, ma dell’intera collettività.
Rifiutiamo la contrapposizione tra migranti regolari e irregolari che emerge dalla scelta di inserire in questo testo provvedimenti inerenti al Decreto Flussi, senza rafforzare il sistema di asilo: se da tempo chiediamo a gran voce l’allargamento dei canali legali di ingresso, sappiamo bene che non possono essere queste misure a rispondere al bisogno di protezione internazionale. E chi in questi venti anni ha provato ad assumere in regola dei lavoratori stranieri sa che le misure previste sono del tutto insufficienti, perché l’unica possibilità per favorire incontro tra domanda e offerta di lavoro regolare sta nel scardinare del tutto il meccanismo previsto dalla Bossi Fini.
E’ fondamentale invertire velocemente la rotta e promuovere politiche eque ed efficaci sull’immigrazione e sul diritto di asilo. Partendo dall’opposizione a queste norme, in un percorso che chiede ingressi legali, corridoi umanitari, garanzia dell’accesso alla procedura di asilo e all’accoglienza, abbandono delle politiche di esternalizzazione e dei loro scellerati risultati, come l’accordo con la Libia, salvaguardia delle vite in mare.
Chiediamo al Parlamento di bocciare questo provvedimento, e al Governo di modificare radicalmente gli interventi messi in atto e quelli recentemente annunciati, del tutto inadatti a gestire una crisi nel Mediterraneo destinata a peggiorare senza provvedimenti adeguati della comunità internazionale.
Per questo saremo in piazza il prossimo 18 aprile, in contemporanea all’arrivo al Senato del Decreto Cutro. Per esprimere il nostro dissenso, ribadire le nostre proposte e chiedere un immediato cambiamento di rotta nelle scelte che riguardano l’immigrazione e il diritto d’asilo”. Invertire la rotta. Si deve. Si può.
Argomenti: governo meloni