Il governo Meloni mette a rischio l’attuazione del Pnrr. I ritardi della destra potrebbero portare alla mancata erogazione di fondi più che utili per il Paese. A complicare la situazione anche le parole di Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, in un’intervista a La Stampa.
«E’ questione di pochi giorni, poi sarà tutto chiaro. Io non mi faccio condizionare da attacchi al limite degli insulti, che mirano a screditarci in un gioco di sponda tra Roma e Bruxelles, né distrarre da un dibattito surreale come quello sull’uso dei fondi del Pnrr per il dissesto idrogeologico. Noi stiamo lavorando e porteremo in Europa fatti, non chiacchiere, per spiegare perché il Pnrr va smantellato e profondamente cambiato anche negli obiettivi. Altrimenti ci facciamo molto, molto male».
«Scusate lo so che in Italia sembra strano o provocatorio, ma serve una diagnosi reale per non sbagliare terapia. In pochi mesi abbiamo monitorato l’utilizzo dei fondi europei 2014-2020. Tre anni dopo la scadenza, su 126 miliardi ne abbiamo speso il 34 per cento. Vogliamo riproporre questo schema con i fondi del Pnrr che sono quasi il doppio (ai 220 miliardi bisogna aggiungere i 30 del fondo complementare), con meno della metà di tempo di spesa, regole e vincoli molto più rigidi? Il calcolo è facile. Giugno 2026 sembra lontano, ma è vicinissimo. Questo è il problema».
Secondo il ministro è una «oggettiva constatazione» che «gran parte del Pnrr non è spendibile. C’è un problema di quantità di interventi e uno di qualità. Non si può spendere tanto per spendere. Quindi noi stiamo immaginando dei cambiamenti importanti. Ciò comporterà il definanziamento di una serie di interventi non strategici, su cui abbiamo acquisito la certezza di non realizzabilità», sottolinea Fitto.
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