Carlo Nordio, ministro della Giustizia del governo Meloni, torna sulla riforma che potrebbe cambiare anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. In un’intervista al Corriere della Sera, Nordio prova a spiegare i motivi della sua proposta.
«Tra il 2002 e il 2006 ho presieduto la Commissione per la riforma del codice penale, con autorevoli accademici, magistrati e avvocati, e ho studiato tutto ciò che era stato scritto in materia. Praticamente all’unanimità la Commissione ha concluso che il concorso esterno andava tipicizzato con una norma ad hoc, perché non esiste come fattispecie autonoma nel codice, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale che coniuga l’articolo 110, sul concorso, con il 416 sull’associazione».
Questo «ha comportato un’estrema incertezza applicativa. Tanto che la Cassazione ha cambiato piu volte indirizzo, e ancora fatica a trovare una definizione convincente. Le voci per introdurre una norma tipica sono quasi universali nel mondo universitario e forense. Cito per tutti il professor Giovanni Fiandaca, sui cui testi si sono formate due generazioni di giuristi, che auspica fortemente una formulazione specifica di questo reato», prosegue.
Per Nordio «anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti. Tant’è che quando ho diretto l’inchiesta sulle Br venete negli anni ’80 abbiamo sempre contestato il reato associativo anche a chi si prestava a semplici contatti, dal soccorso medico al volantinaggio, e li abbiamo tutti fatti condannare come appartenenti alla banda armata. Ma il concetto di concorso esterno è un ossimoro: o si è esterni, e allora non si è concorrenti, o si è concorrenti, e allora non si è esterni. Se si affrontassero questi argomenti con animo freddo e pacato, e non con polemiche sterili, troveremmo una soluzione», aggiunge.
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