di Aldo Tortorella e Vincenzo Vita
Con la scomparsa di Giorgio Napolitano la nazione e lo Stato perdono un protagonista determinante della vita democratica italiana ed europea, non solo perché per due volte è stato eletto alla massima responsabilità pubblica come Presidente della Repubblica ma per l’insieme dell’ attività di una esistenza intera tutta dedicata alla politica durante il tempo dei grandi partiti di massa autori della Costituzione e in quello successivo alla loro scomparsa.
La sua vita si è identificata con le massime istituzioni rappresentative. Parlamentare nazionale fin dall’età giovanile -nel 1953- fu eletto in quasi tutte le legislature successive fino al 1996, alla camera dei deputati divenendone alla fine presidente. In più legislature fu deputato europeo. Venne nominato senatore a vita prima della elezione alla presidenza della Repubblica e, dopo, lo fu per diritto. Fu presidente per due legislature del gruppo dei deputati comunisti. Nel parlamento europeo presiedette la commissione per gli affari costituzionali. Fu pure presidente della sezione italiana del movimento europeo.
Ma fu anche uomo di partito, militando dal 1944 nel Partito comunista italiano e diventandone uno dei massimi dirigenti fino al suo scioglimento nel 1991 e al passaggio al Partito democratico della sinistra. Oltre che deputato fu segretario della federazione di Napoli per un triennio e poi ebbe la responsabilità di numerose commissioni nazionali di lavoro politico (meridionale, economica, culturale, internazionale), essendo membro del Comitato centrale e poi della direzione e della segreteria politica.
Quando, dopo la scomparsa di Palmiro Togliatti e di Luigi Longo, divennero più esplicite le divergenze di orientamento che alla fine porteranno alla scomparsa del partito stesso. Napolitano fu considerato il maggiore esponente dell’ala moderata tendente ad una trasformazione socialdemocratica.
Fu il primo dirigente comunista ad ottenere un visto per gli Stati Uniti perché invitato da alcune università americane a parlare sui comunisti italiani nel 1978, anno del ritorno del Pci dopo il 1947 in una maggioranza parlamentare, ritorno segnato al suo esordio dall’assassinio di Aldo Moro.
Diverse da quelle di Napolitano furono le opinioni di alcuni di noi che provenendo dal Pci o dal Psi o da altre esperienze politiche fondammo l’Associazione per il rinnovamento della sinistra. Ciò non impedì una discussione che volemmo sempre serena e non impedisce ora il sincero cordoglio per la scomparsa di un combattente per la causa della sinistra che egli credette la più giusta, e che cercò di contribuire secondo il proprio orientamento al miglioramento delle condizioni del mezzogiorno e del Paese. Non può essere dimenticato che nel suo primo discorso da presidente volle spendere parole giustamente accorate per la piaga delle morti sul lavoro, anche se dobbiamo constatare dopo quasi un ventennio che quella piaga è più aperta che mai.
In questa stagione in cui si cerca di cancellare i meriti della Resistenza e delle forze che dettero vita alla nuova democrazia italiana dopo la tragedia e la vergogna del fascismo, ricordiamo la figura e l’opera di Napolitano come quella di chi ha saputo per quasi mezzo secolo essere protagonista di una opposizione democratica, tenace e costruttiva e poi mostrare capacità di governo in situazioni difficili e con scelte discutibili come sempre accade, ma certamente volendo mostrare piena fedeltà alla Costituzione democratica e antifascista .
Partecipiamo con commozione al dolore dei suoi cari e di tutti coloro che lo stimarono come comunista italiano e come esponente delle idee di progresso e di libertà nel governo del Paese e nella direzione dello Stato.