Marcello Pera è unanimemente considerato dalla destra una tra le personalità di spicco a livello intellettuale del mondo dei cosiddetti conservatori. L’ex presidente del Senato, intervistato da La Repubblica, si è però unito al coro di critiche nei confronti della riforma costituzionale e del premierato proposta dal governo Meloni.
«Viviamo in un regime in cui fa quasi tutto il governo e il Parlamento ratifica, e però il governo è fragile e cambia di continuo. Ma ho dubbi tecnici che questa proposta corregga la degenerazione. Forse la aggrava. Si profila il rischio che chi nella maggioranza arriva o vuol essere secondo abbia infine più poteri del primo. Mi riferisco ovviamente alla norma anti-ribaltone che andrebbe corretta».
In un regime parlamentare «se il Parlamento può sfiduciare il governo, anche il governo può mandare a casa il Parlamento. Sono due armi puntate che, assieme, fanno deterrenza contro le crisi facili e i cambi di casacca. E perciò dico che se il primo ministro non ha il potere di scioglimento, allora non siamo nel regime del premierato. Il simul stabunt è una soluzione chiara, ma è una delle soluzioni. A me tuttavia piace poco perché, con un automatismo rigido e cieco, spazza via la politica».
«Giorgia Meloni è brava. E’ vero però che per fare una riforma incisiva della costituzione, occorre il contributo dell’opposizione e naturalmente occorre che questa sia disposta a darlo. Oggi non è così, almeno non lo è col premierato elettivo. Forse, con un altro tipo di premierato o di cancellierato sarebbe possibile. In corso d’opera e di emendamenti ci si dovrà pensare seriamente. Mi ha chiamato poco fa, anche quando ci sono divergenze manteniamo rispetto reciproco: mi è sembrata possibilista sulle modifiche della riforma in Parlamento».
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