Giulia Cecchettin, Calenda (Azione): "Una legge non risolve il problema dei femminicidi"

Femminicidi, Calenda (Azione): «Uno dei grandi inganni della politica è far credere ai cittadini che le leggi riescano a modificare sempre e immediatamente i comportamenti umani».

Giulia Cecchettin, Calenda (Azione): "Una legge non risolve il problema dei femminicidi"
Carlo Calenda
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20 Novembre 2023 - 10.26


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Carlo Calenda è intervenuto sui social sull’argomento femminicidi, dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin da parte dell’ex fidanzato Filippo Turetta. «L’ondata di violenza sulle donne e di femminicidi non si fermerà con una legge. Capirlo, ammetterlo e agire di conseguenza è il primo doveroso segno di rispetto nei confronti delle donne vittime di violenza e delle famiglie in lutto. Il compito a cui siamo chiamati tutti – famiglie, politica, media, scuola, cultura – è molto più arduo e complesso». 

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«Uno dei grandi inganni della politica è far credere ai cittadini che le leggi riescano a modificare sempre e immediatamente i comportamenti umani. Raramente è così, quasi mai accade quando si chiede alla legge di cambiare usi, abusi, costumi e strutture sociali. La legge è uno strumento amato dalla politica perché è un titolo di giornale e la politica impotente cerca solo titoli di giornale».

«La legge, quando pensata in questo modo, non costa molto di più dell’inchiostro con cui è scritta, perché troverà raramente implementazione; la sua funzione si esaurisce nella risposta mediatica alla cronaca. Tante leggi il governo Meloni (e non solo) ha fatto in questo modo. La violenza sulle donne è un fatto molto più complesso. Nasce dalla confusione tra amore e dominio e dalla posizione subordinata e dunque dipendente che la donna continua ad avere, al di là della legge, nella realtà della nostra società. Cogliere i segni malati della pretesa di dominio non è facile». 

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«C’è una scena del film di Paola Cortellesi che è perfetta a questo proposito. La figlia della protagonista sta per sposare un ragazzo `a modo´, un bravo ragazzo; ma, ad un certo punto, la madre ascolta casualmente una conversazione rivelatrice: l’amore sta già diventando dominio, possesso e violenza. E agisce (genialmente) di conseguenza. Dopo l’omicidio di Giulia sui social è ricominciato il solito ributtante confronto a suon di `#´. Sciacalli è il più gettonato. Dagli sciacalli per l’appunto. E qui sopra ne scorrazzano branchi sterminati».

«La politica smania intanto per agire: istituire un’ora di insegnamento sull’affettività a scuola (non precisamente un compito banale); inasprire le pene; varare corsi di laurea. Alcune soluzioni sono certamente utili: `il reddito di libertà´ per le donne che denunciano abusi ad esempio, ma non esaustive. Possiamo però, per una volta, fermarci a riflettere su quali siano gli strumenti culturali, educativi o penali necessari?». 

«Possiamo ammettere che davanti ad un fenomeno tanto profondo, drammatico ed epocale, al di là della risposta giudiziaria, speriamo rapida ed efficace, dovrebbe esserci un momento di approfondimento che raccolga insieme famiglie, esponenti della cultura, insegnanti, medici e che cerchi di varare un piano ampio, profondo e di lungo periodo? Insegnare i valori dell’affettività a scuola, ad esempio, non è che un titolo».

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«Lo svolgimento è un’impresa umana e culturale difficilissima. Forse questo potrebbe essere il primo e più importante segno di rispetto per le vittime di violenza e abusi: dimostrare di essere consapevoli della difficoltà del compito che abbiamo davanti. Dedicargli il giusto livello di pensiero prima di passare ad un’azione che altrimenti sarà solo retorica, conflittuale e inutile».

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