Tra un grido al complotto dei giudici e una sequela di dichiarazioni populiste di propaganda, il governo Meloni inserisce una proposta di legge in commissione giustizia di Palazzo Madama sulla diffamazione che suona proprio come un bavaglio al giornalismo d’inchiesta. Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli, intervistato da La Repubblica, lancia l’allarme.
«Una bomba a orologeria piazzata nelle redazioni. Per come è congegnato intimidisce il giornalismo d’inchiesta. Ci spaventa il fatto che non sia prevista alcuna misura seria per le querele bavaglio, quelle temerarie, una iattura per l’Italia e a detta dell’Ue la principale minaccia alla libertà di informazione».
«Sono cifre assolutamente spropositate, che producono un effetto dissuasivo dirompente. Di norma oggi la sanzione è mille euro. Rendiamoci conto: 50mila euro un collaboratore o un freelance li guadagna in 5 anni. Significa piegare i colleghi al silenzio. Anche per un piccolo giornale sarebbe un problema insormontabile. Già oggi ricevere decine di querele è un serio ostacolo all’esercizio della professione, figuriamoci con lo spettro di sanzioni così salate, più i danni in sede civile».
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