Da un ministro esponente di un governo di estrema destra non ci si poteva aspettare un attacco – fuoriluogo – ai migranti anche se nell’ambito di un femminicidio – quello di Giulia Cecchettin – commesso da un italiano.
Molti passi avanti sono stati fatti», ma «siamo ancora molto indietro» nella prevenzione dei femminicidi, che restano «numerosi e drammatici». Ancora scosso dai funerali di Giulia Cecchettin ai quali ha partecipato ieri in rappresentanza del governo, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ammette che la strada da percorrere per evitare in futuro il ripetersi di questi crimini terribili è lunga e difficile.
Per la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, già slittata due volte, si era preparato un intervento da leggere, ma i sentimenti provati ieri all’ultimo saluto per Giulia, («un’emozione doppia» come trevigiano e pm per 40 anni di quella stessa procura che sta conducendo l’inchiesta su Filippo Turetta) lo inducono a parlare a braccio. L’addio a Giulia è stato «straziante», ma è tale anche la situazione dei genitori di Filippo nei cui panni «dobbiamo metterci dal punto di vista etico» .«Se dobbiamo fermare questa strage, dobbiamo occuparci degli uni e e degli altri, delle vittime e degli autori, e soprattutto delle loro famiglie», è la convinzione del ministro.
I femminicidi sono «una sconfitta dello Stato, una sconfitta collettiva» che in quanto tale richiede una risposta che coinvolge tutti. «Tutti siamo chiamati a interrogarci sull’efficacia delle misure approvate» ammette Nordio, spiegando che con il ddl Roccella si è cercato di correggere le «criticità» delle norme del Codice Rosso. Sul piatto ci sono però problemi oggettivi. I delitti di violenza domestica sono «difficili da accertare», perché sono «comportamenti che avvengono nell’ombra, in momenti e luoghi isolati». E poi c’è una mentalità da cambiare: «il patriarcato si è sedimentato nei millenni nell’animo dei maschietti» e ora con il fenomeno migratorio «arrivano in Italia persone abituate a concepire la donna come una cosa».
Nordio assicura che il legislatore e i magistrati ce la stanno mettendo tutta, anche con una formazione sempre più appropriata degli operatori di giustizia e l’impegno diretto del suo ministero «per arricchire gli strumenti di assistenza alle vittime» e realizzare progetti mirati nelle carceri per i colpevoli, compresa una sperimentazione sulla previsione del rischio di recidiva che sta coinvolgendo su base volontaria 200 condannati per violenza sessuale. Ma a monte di tutto questo, avverte, «c’è l’educazione al rispetto e alla libertà, un intervento che va cominciato nelle famiglie ma poi andare oltre. Con un’educazione e un’informazione adeguata «forse non saremmo arrivati al punto di distruggere due famiglie, quella della vittima e quella del colpevole» riflette Nordio, con il pensiero che sembra ancora rivolto al dramma di Giulia.
Dal Csm intanto arriva una buona notizia per l’inchiesta su Turetta: non ci sarà nessuno scossone perchè il procuratore di Venezia Bruno Cherchi, che coordina l’indagine, resterà saldamente al suo posto. Il plenum di Palazzo dei marescialli ha infatti archiviato la procedura di trasferimento d’ufficio che aveva aperto per i rapporti di Cherchi con un perito, il professore Massimo Montisci, ex presidente dell’istituto di Medicina legale di Padova coinvolto in vicende giudiziarie. Non c’è stato «nessun favoritismo» nei confronti di Montesci ha detto oggi Cherchi che, davanti al Csm, ha anche criticato il Pg di Venezia Francesco Prato, una cui segnalazione aveva fatto aprire il fascicolo a suo carico.
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