Andrea Orlando, in una intervista a Today, ha parlato della situazione dell’ex Ilva. Per l’esponente del Pd ed ex ministro del Lavoro, ha ribadito che la nazionalizzazione sarebbe la soluzione migliore. Ma il governo delle lobby e dei potentati va in un’altra direzione.
“Tenderei a escludere l’ipotesi della liquidazione perché sarebbe una bandiera bianca che il governo non si può permettere di agitare. Il rischio è arrivare a una situazione di collasso per i ritardi che si sono progressivamente accumulati. Dalle notizie che emergono sembra chiaro che in queste settimane non solo si sia perso del tempo prezioso per cercare di salvare la situazione, ma si sia speso quel tempo per complicarla ulteriormente. Gli impegni che erano stati assunti da alcuni membri del governo, all’insaputa dell’opinione pubblica, rischiano di dare ulteriori argomenti agli indiani”.
“Era stato stanziato dal Governo Draghi un miliardo, ricordo bene anche le valutazioni del ministro Giorgetti e del ministro Franco, perché c’era una crescente diffidenza, nei confronti degli investitori indiani. Una diffidenza che si è rivelata nei mesi successivi sempre più giustificata. Si fece quell’investimento per consentire un cambio di equilibrio di capitale e quindi anche nella governance, ma quei soldi sono stati presi e utilizzati per pagare le bollette di Acciaierie d’Italia. In pratica, il governo Meloni si è trovato sul tavolo un miliardo che avrebbe consentito di rivedere gli equilibri interni al capitale, ma quei soldi sono stati utilizzati per la spesa corrente, senza particolari garanzie da parte di ArcelorMittal. A questo punto credo, come tra l’altro abbiamo sempre chiesto in questi mesi, che l’unica strada sia quella di una piena assunzione di responsabilità dello Stato, per poi individuare altri partner privati. Continuare a inseguire ArcelorMittal non porta da nessuna parte. Sì, gli indiani ci hanno tirato il pacco e si sono presi i clienti. Questa purtroppo è la sintesi” ha continuato Orlando.
Rispondendo ad una domanda sui rischi di una statalizzazione per l’ex Ilva richiamati da Calenda, per Orlando “il rischio c’è ma non capisco quale sia l’alternativa che propone Calenda, se non la chiusura dell’impianto. Abbiamo un partner che non vuole investire e abbiamo un’azienda che ha bisogno di investimenti, se no chiude. O si trovano altri partner industriali, ma per farlo serve per forza di cose un’acquisizione di tutto il capitale, oppure si trova un partner immediatamente, ma questa mi sembra un’ipotesi abbastanza improbabile. Il superamento della presenza degli indiani sarà tutt’altro che indolore, per questo lo Stato deve fare da garante”.
“Io mi auguro che il governo spieghi finalmente in che direzione vuole andare. Noi, che potremmo infierire sulle difficoltà dell’esecutivo, per senso di responsabilità abbiamo chiesto di condividere la strategia e ci siamo proposti per sostenerla. Il problema è che lo stallo c’è perché il governo Meloni non ha una posizione ma due: una è quella del ministro Adolfo Urso, che è consapevole dell’esigenza di superare la presenza degli indiani, l’altra è quella del ministro Fitto che al contrario ha lavorato per mantenere la presenza degli indiani. Rinunciare a un asset come l’ex Ilva significherebbe rinunciare all’unico stabilimento in Italia che trasforma il minerale in acciaio, indebolendo – ha concluso Orlando – tutta la filiera legata all’acciaio. Parliamo di componentistica navale, automotive, edilizia. Sarebbe una perdita enorme per la nostra economia, difficile da quantificare”.