Eluana Englaro moriva 15 anni, una storia ancora presente che deve fungere da monito per i legislatori, che devono occuparsi della questione del fine vita. Ne ha parlato il padre di Eluana, Beppino Englaro, intervistato da QN. «Sono stati anni tristissimi, senza le due persone che avevo più care al mondo: mia figlia e mia moglie. Erano in assoluta simbiosi. Eluana viveva la sua non vita e mia moglie era accanto a lei, a curare la sua persona. Non l’ha mai lasciata. Si è consumata così, come una candela».
«Assolutamente mai nessun ripensamento. Non potevo non fare altro che quello che ho fatto. Non potevo tradire la volontà di mia figlia. E’ stato immediato. Se Eluana fosse stata libera e cosciente avrebbe detto: `No, grazie, non accetto l’offerta terapeutica. Non voglio vivere in queste condizioni´. Per quattro anni sono stato un cane che ulula alla luna. Non riuscivo a capacitarmi»
«Con la legge 219 del 2017 il medico non può più dire `non posso non curare´. E’ stato affermato il principio dell’autodeterminazione attraverso le disposizioni anticipate di trattamento (Dat) date dalla persona nel caso che un giorno si venisse a trovare nelle condizioni di non poter esprimere la sua volontà. Mia moglie e io siamo stati i pionieri di questo in una società che non era ancora preparata ad accettare la scelta di Eluana. Sul fine vita si dovrà arrivare a una legge nazionale che parta dal ministero della Salute».