La sanità pubblica italiana, una volte fiore all’occhiello del nostro Paese, è al collasso. Quasi due decenni di tagli verticali sulla spesa pubblica ha portato il comparto salute allo stato comatoso attuale. Il FoSSC, il Forum delle 75 Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari, ha presentato i dati allarmanti sull’abbandono da parte dei medici degli ospedali pubblici.
Tra il 2019 e il 2022 sono oltre 11mila, mentre nelle strutture pubbliche dal 2020 al 2022 sono stati tagliati 32.500 posti letto. Diminuiscono anche i nosocomi, con 95 strutture (il 9%) chiuse in 10 anni. Nel 2024 il finanziamento del Fondo sanitario è aumentato in termini assoluti rispetto al 2021 ma è diminuito il rapporto con il Pil e risulta fortemente eroso dall’inflazione. Il Fossc chiede quindi al governo una “grande riforma strutturale e misure urgenti per salvare il Servizio sanitario nazionale” sottolineando che sono “a rischio le cure per tutti”.
Durante il Covid, rileva il coordinatore del Forum Francesco Cognetti, il numero dei posti letto “è diminuito, ne sono stati tagliati 32.508: nel 2020 erano 257.977, ridotti a 225.469 nel 2022. Si stima che, negli ospedali italiani, manchino almeno 100mila posti letto di degenza ordinaria e 12mila di terapia intensiva”.
“L’età media dei medici è sempre più elevata, con ben il 56% che ha più di 55 anni rispetto al 14% della Gran Bretagna. Entro il 2025 andranno in pensione 29mila camici bianchi e 21mila infermieri”.
Il Fossc denuncia quindi la situazione critica del Servizio sanitario nazionale dicendo che “è indispensabile il potenziamento degli ospedali”. Cognetti rileva inoltre che “i livelli essenziali di assistenza Lea, cioè le cure considerate fondamentali, non sono rispettati in 12 Regioni su 21. E si tratta dei Lea attualmente in vigore che risalgono al Dpcm 29 novembre 2001, aggiornati con il Dpcm 12 gennaio 2017, ma mai attuati”.