Parto da una domanda semplice e all’apparenza banale: in questa tornata elettorale è meglio che vincano forze politiche democratiche e che hanno come riferimento la Costituzione oppure le destre sovraniste che umiliano le comunità locali e il meridione con l’autonomia differenziata, minano i diritti civili e sociali e sanno rispondere ai disagi solo potenziando gli strumenti della repressione mentre per evasori, furbi, furbetti e colletti bianchi che truffano, corrompono o peggio ci sono condoni, sanatorie e impunità?
Apparentemente la domanda è banale. Ma a volte, nei comportamenti concreti, le forze e i movimenti politici sembrano più interessati a combattersi l’un l’altro spalancando le porte ad una destra amica di Orban, Marine Le Pen, Steve Bannon e perfino Trump e Bolsonaro, dichiarati nemici della democrazia e golpisti mancati.
Per andare sul concreto passiamo dai massimi sistemi a Tivoli, la mia città nella quale le divisioni e le contrapposizioni politiche tra chi dovrebbe stare dalla stessa parte sono fonte – per me e per tanti altri – di disagio personale unito ad un misto di rabbia e malinconia politica.
Mentre le elezioni si avvicinano ci si prepara ad affrontare una destra non priva di contraddizioni ma forte e con il vento di governo e regione a favore tramite due diverse coalizioni (e fin qui siamo ancora nella fisiologia) che sono arrivate a forme di incomunicabilità estrema e di scontro permanente tra anatemi, rinfacci, egoismi e personalismi.
Ossia il miglior sistema per scoraggiare gli elettori e spalancare le porte alla destra.
La mia analisi forse è impietosa, forse troppo severa. Forse essendo stata sempre la mia natura unitaria e inclusiva il mio malessere mi porta ad eccessi di pessimismo. Forse.
Ma io, sapendo di rappresentare tantissimi cittadini e sinceri democratici che in questi mesi si sono interfacciati con me, credo sia doveroso fino all’ultimo secondo utile spendere tutte le energie per una ricomposizione del campo largo, giusto, democratico (chiamatelo come vi pare) per cercare di contrastare le destre.
Non faccio appello solo ai buoni sentimenti, che comunque per chi fa politica inseguendo i propri ideali e non gli affari, dovrebbero essere la premessa.
Mi permetto di tracciare e proporre un percorso politico che possa – appunto – mettere la politica al primo posto accantonando il resto.
E – perdonatemi l’eccessiva franchezza – in questi mesi a Tivoli di politica ne ho vista ben poca nonostante (e questo fa ancora più rabbia) tante competenze, tante sensibilità, tante ‘belle teste’, tante intelligenze, tante associazioni politiche, sociali e culturali che se unite potrebbero fare la differenza.
A Tivoli non c’è da ricostruire la politica. A Tivoli c’è semplicemente da andarla a riprendere nel luogo nella quale – per tanti motivi – è stata confinata, ossia dalla cantina.
In questo momento i tempi tecnici per andare alle elezioni con un’unica coalizione non ci sono più. E comunque c’è da prendere atto che percorsi che sono stati intrapresi da tempo e che sono costati fatica e non solo non possono essere cancellati con un tratto di penna.
Ma, a mio avviso, questo percorso che propongo può essere portato avanti nel rispetto di tutti e in una condizione di pari dignità.
A differenza delle regionali, le elezioni comunali si svolgono a doppio turno. E (salvo un 50% superato da un candidato al primo turno) diventa sindaco chi vince il ballottaggio. A Tivoli è accaduto questo.
Quindi, per me, un obbiettivo realistico al quale puntare è l’unità – ma quella vera – da raggiungere al ballottaggio.
Al primo turno – come è giusto che sia – i candidati dovranno fare del loro meglio per conquistare più voti possibili per la loro coalizione.
Ma sarebbe lecito che tutti e due dicessero chiaramente che considerano l’avversario da battere la destra per i motivi politici che ho descritto prima.
Quindi un primo turno da contendenti ma non da nemici. Senza avvelenare i pozzi, senza giochetti per rubarsi un voto gli uni con gli altri ma possibilmente cercando di pescare nel partito dell’astensione, ossia tra coloro che davvero possono far vincere o perdere.
Nel frattempo individuare in separata sede 3-4 punti qualificanti politicamente e che possano rappresentare il cemento di una futura alleanza.
Su questo aspetto sarei abbastanza fiducioso perché i due programmi sono assai compatibili tra di loro mentre sul mio progetto di ‘internazionalizzazione’ di Tivoli per farla diventare un polo d’attrazione politico-culturale c’è un consenso unanime condiviso (da quel che ho potuto vedere) anche da settori importanti della società civile e delle forze produttive.
Al secondo turno (se ci sarà un secondo turno) la colazione che andrà al ballottaggio avrà l’appoggio dell’altra ma – ripeto – con un percorso politico (ripeto la parola: politico) chiaro e trasparente nei confronti degli elettori che possa portare non solo a fare massa di voti ma ad allargare la maggioranza e (se tutti saranno bravi) trovare il modo di guidare unitariamente la città su una linea ben chiara.
Domanda retorica: meglio accantonare egoismi e personalismi e costruire un percorso unitario e – ripeto – di pari dignità che guardi a questo orizzonte o fare una battaglia di bandiera magari felici che il nostro ‘vicino’ politico sarà finito nella polvere?
Nei giorni scorsi, non a caso, in un video (al momento caduto nel vuoto) ho detto che per superare in avanti la situazione che si era creata questo era il momento del coraggio, della generosità, della responsabilità, della solidarietà e dell’umiltà. Ossia quello che serve per ritrovare le ragioni dell’unità: coraggio, generosità, responsabilità, solidarietà e umiltà. Parole belle ma che bisogna mettere in pratica, altrimenti sono solo melensa retorica.
Ho voluto – sicuramente in maniera poco diplomatica – illustrare pubblicamente il mio auspicio perché la forza politica che ne potrebbe scaturire ha bisogno della luce del sole e non della trattativa nell’ombra tra le caste della politica o affini. Tavoli e caminetti hanno rovinato la politica abbastanza in questi decenni perché possano essere tollerati ancora.
So, come ho detto, di interpretare i sentimenti e gli auspici di moltissimi cittadini che chiedono unità e maturità a chi dovrà rappresentarci.
Ma voglio rassicurare tutti. Io non ho nessuno dietro. Non ho partiti, movimenti, gruppi. Io ho solo le mie mani per scrivere e la mia testa (sperando che funzioni) per ragionare. Ma vorrei che con me ci fossero tante altre mani e altre teste per poter dare a Tivoli la guida che merita, che valorizzi una storia millenaria, le sue bellezze, dia energia alle sue enormi potenzialità e diventi un modello di partecipazione, crescita e inclusione.
Lo ripeto fino allo sfinimento: ce la possiamo fare. Tutti insieme e tutti uniti.
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