Due o tre riflessioni sul voto nelle città. Il bilancio finale non si presta ad equivoci. I numeri sono chiari. Le amministrative le hanno vinte il centrosinistra e in parte le liste civiche; le hanno perse la destra, i centristi e i cinquestelle. Il campo largo vince in tutti i cinque comuni capoluogo di regione dove si è votato domenica e lunedì: Firenze, Bari, Perugia, Potenza, Campobasso (sei con Cagliari dove aveva vinto al primo turno). Contando anche i capoluoghi di provincia, i candidati sindaco del centrosinistra conquistano diciassette comuni, quattro in più rispetto alle precedenti amministrative, i civici vincono in due, il centrodestra passa da dodici a dieci e il M5S da due a zero.
Nei comuni con più di 15mila abitanti il centrosinistra elegge centoundici sindaci (nove in più), il centrodestra ottanta (uno in meno), le liste civiche trentacinque e i Cinquestelle tre. Questi ultimi, così come i centristi, sono praticamente azzerati nelle città. Anche se la presenza crescente di liste civiche rende più difficile la lettura dei dati, si può dire che lo spazio politico per loro si è ridotto al lumicino.
Cosa ci dicono questi numeri? È sempre azzardato trarre conclusioni politiche nazionali dal voto amministrativo, ma la spinta propulsiva della destra, come in parte si era già visto alle europee, in Italia a differenza di altri paesi sembra in fase calante. È presto per dire che il vento sta cambiando, ma qualcosa si muove. Sarà per la situazione sempre più pesante che si vive sul piano economico e sociale e per i tanti annunci e pochi fatti della destra al governo. Sarà per l’insofferenza che si comincia ad avvertire nei riguardi della postura “identitaria” di Meloni & co. e per la preoccupazione che c’è nei riguardi delle riforme “sovraniste” annunciate, a cominciare dall’autonomia differenziata che rischia di penalizzare ulteriormente il Sud (dove, guarda caso, il centrodestra è andato peggio). E sarà forse anche “l’effetto Schlein” e di un partito che sembra voler finalmente riprendere in mano la questione sociale e tornare a far politica tra la gente. Di certo, soprattutto laddove il centrosinistra riesce a superare le divisioni, ad allargare le alleanze e a candidarsi così come alternativa credibile, vince. L’unione fa la forza. Uniti nelle proprie diversità e identità si vince. È stato così nella stagione dell’Ulivo e lo è ancora oggi.
Nelle città, poi, a fare la differenza è l’operato delle amministrazioni uscenti e la qualità dei candidati. Com’è noto da tempo, la sfiducia degli elettori nei partiti e nella politica è cresciuta enormemente, com’è testimoniato dal fatto che ormai solo un cittadino su due va a votare. È stato così anche domenica e lunedì, dove l’affluenza è scesa al 48% e in diverse realtà ha superato di poco il 30%. Mentre i partiti hanno sempre meno relazioni con la società reale, i rapporti dei cittadini con le rispettive amministrazioni resistono. Giunte e sindaci hanno volti riconosciuti, quindi diventa fondamentale la scelta delle persone, il radicamento territoriale, la credibilità e l’immagine che i candidati danno di sé. In questo contesto una delle novità più rilevanti di questa tornata elettorale è sicuramente l’elezione di una nutrita pattuglia di sindache, soprattutto a sinistra.
Sara Funaro a Firenze, Vittoria Ferdinandi a Perugia, Maria Luisa Forte a Campobasso, Elena Carnevali a Bergamo, Ilaria Bugetti a Prato, Laura Nargi ad Avellino (senza dimenticare la nuova presidente della Sardegna, Alessandra Todde). La storia più bella per il centrosinistra è la riconquista di Perugia dopo dieci anni. La giovane Vittoria Ferdinandi, 37 anni, psicologa impegnata nel sociale, che nel suo ristorante faceva lavorare persone con disabilità, figlia della società civile, senza tessere di partito, è riuscita a compattare tutto il fronte del centrosinistra e a diventare la prima sindaca donna della città.
Oltre a Perugia colpiscono due altre situazioni. La “rossa” Bari, che la destra voleva commissariare per mafia e con i cinquestelle all’attacco sulla legalità, dove Vito Leccese, ex deputato verde e capo di gabinetto del sindaco uscente Antonio De Caro, ha stravinto con oltre il 70% dei voti. Firenze, dove il centrosinistra ha tenuto anche con Renzi contro nella sua città. Come a dire che la sinistra, se fa la sinistra, sa e può difendere le sue roccaforti e cercare di riconquistare quelle perdute (in Umbria e Toscana soprattutto). Anche se per ora sembra saper vincere soltanto nelle città e nelle ztl, meno in provincia e nel paese più profondo.
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