La maschera perbenista di Giorgia Meloni è logora e spuntano i tradimenti della Costituzione e della storia

Il governo Meloni, dal 22 ottobre 2022, ha indossato una maschera che è sempre più logora. È quella dei buoni modi, del rispetto della Costituzione e delle sue istituzioni, della fede nella democrazia. Ma...

La maschera perbenista di Giorgia Meloni è logora e spuntano i tradimenti della Costituzione e della storia
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

16 Agosto 2024 - 19.52


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Il governo Meloni, dal 22 ottobre 2022, ha indossato una maschera che è sempre più logora. È quella dei buoni modi, del rispetto della Costituzione e delle sue istituzioni, della fede nella democrazia (ma non nell’antifascismo), nel rispetto di tutti, nessuno escluso (e tra questi migranti, poveri, gente del sud, persone LGBT+, sportivi di altra etnia, ebrei, musulmani, cattolici conciliari) e via discorrendo.

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La maschera è logora perché ai proclami iniziali sono seguite parole e gesti, densi di alti tradimenti della Costituzione e della storia della nostra Repubblica. L’elenco di queste crepe alla maschera perbenista sono tante. Sarebbe interessante se qualche testata o sito ne riportasse una cronaca asettica con frasi neofasciste, autore, date e luogo. Forse non solo ci aiuterebbe a capire meglio che siamo governati da una classe politica di destra: fascista o neofascista poco importa, certamente una destra più vicina a Orban, Le Pen, Trump ed Erdogan che ai partiti di destra, seri e democratici, quei pochi che resistono nel mondo. Ci aiuterebbe anche a capire che il problema oggi non è politico ma culturale (cosa che una parte della sinistra non ha ancora recepito). Una delle sintesi migliori, della cultura nazifascista, che abbia mai letto è quella di Dietrich Bonhoeffer: 

“Sembra che si tratti di una legge socio-psicologica. La potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui ciò avviene, non è tanto quello dell’atrofia o della perdita improvvisa di determinate facoltà umane – ad esempio quelle intellettuali – ma piuttosto quello per cui, sotto la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia così, più o meno consapevolmente, ad assumere un atteggiamento personale davanti alle situazioni che gli si presentano”.

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Forse si dovrebbe partire da questa pagina e discutere su quanta di questa cultura, sintetizzata in questa pagina, influenzi forse parole e prassi di tanti: presidente del Consiglio, ministri e intero governo, parlamentari, dirigenti di istituzioni statali e aziende di stato, testate giornalistiche (in primis la RAI, come servizio pubblico) e web, tifoserie calcistiche, settori ecclesiali e del volontariato. 

L’ultima uscita neofascista? Riporto dall’Ansa (16.8.2024): “Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere Penali, su X scrive (…). “Delmastro delle Vedove [sottosegretario alla Giustizia], sdegnosamente rivendica di aver visitato il carcere di Taranto per incontrare solo la polizia penitenziaria, perché lui non si inchina ‘alla Mecca dei detenuti”. Per il politico i carcerati non sono degni di essere visitati. Sinceramente non mi interessa il motivo pseudoreligioso (Mecca e detenuti), mi fa ancora più schifo sentir trattare delle persone in questa maniera. Ma del resto il loro neofascismo – mi riferisco a FdI e Lega; FI sembra che inizi seriamente a distinguersi – si irrobustisce sempre più e fino quando genitori, docenti, educatori, operatori sportivi e culturali, preti e vescovi, giornalisti e opinionisti non prenderanno coscienza che la maschera è caduta e il neofascismo cresce e si rafforza tra giovani e adulti (e forse anche bambini), vedo poche possibilità di redenzione nazionale. “La rivoluzione – scriveva Charles Peguy – o sarà morale o non sarà”.

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