A una settimana dalle elezioni regionali, nei giorni in cui si ricordano le battaglie partigiane di Porta Lame e della Bolognina, nonché alla vigilia dell’annunciato tour elettorale a Bologna di Meloni, Salvini e Tajani, qualcuno, probabilmente a Roma, ha ben pensato di far arrivare in città, davanti alla Stazione della strage fascista i nostalgici della dittatura.. Personcine perbene, pacifiche, che cantano così: “Ce ne freghiamo della galera/camicia nera trionferà/ Se non trionfa sarà un martello/ col manganello e le bombe a man”. E che gridano: “Me ne frego. Boia chi molla. In riga, siamo soldati”.
Qualcun altro, a Bologna – sindaco, sindacati e Anpi in testa – qualche giorno fa ha provato a dire nel Comitato per l’ordine e la sicurezza che forse non era il caso di autorizzare quella parata proprio lì, che almeno la si spostasse un po’ più in là, perché diversamente era pressoché certo che ci sarebbe stata tensione, rischio di incidenti. Ma niente, qualcuno, sempre da Roma, deve aver fatto capire a Prefettura e Questura che si doveva autorizzare, proprio lì, che il diritto di manifestare è sacro, ci mancherebbe.
Andreotti diceva che pensare male è peccato ma spesso ci si prende. E allora diciamolo: è lecito pensare che quella indecente parata sia stata pensata e organizzata scientificamente. Siccome quelli di questa destra in cerca di vendette sanno che le elezioni per l’ennesima volta qua le perderanno, perché non provare anche con la provocazione. Se si mandano i fasci davanti alla Stazione con uno striscione che dice “Riprendiamoci Bologna”, Bologna non starà certo in silenzio e a guardare. E se ci saranno incidenti sarà gioco facile incolpare i centri sociali, le “zecche comuniste”, accusare la sinistra che governa la città e la regione di impedire la libertà di manifestare, il diritto di opinione di chi la pensa diversamente. E forse se ne avrà un vantaggio elettorale.
E così è stato. Bologna antifascista ha risposto. Con un affollato presidio istituzionale al mattino. Con due contro manifestazioni al pomeriggio. Con i condomini che hanno gettato secchiate d’acqua e rifiuti su quella gentaglia venuta a cantare “faccetta nera” sotto le loro finestre. Con semplici cittadini e famiglie con bambini che si sono piazzati in anticipo della piazza dove volevano arrivare i fasci, cantando “Bellaciao”. E nella piazza davanti alla Stazione alla fine le camicie nere non sono riuscite ad entrare, Bologna nelle sue diverse espressioni di resistenza organizzata e spontanea glielo ha impedito.
Ma subito dopo è ugualmente partita la grancassa della destra al governo. Piantedosi che invece di pensare prima a come prevenire gli scontri e garantire la sicurezza se la prende con le “vergognose aggressioni e violenze contro le forze di polizia schierate a difesa della libertà di manifestare”. Meloni che accusa “certa sinistra di tollerare e foraggiare questi facinorosi anziché condannarli apertamente”. Salvini che non trova di meglio che chiedere al ministro degli Interni “una ricognizione dei centri sociali di sinistra” finalizzata “a chiudere quei covi di zecche e delinquenti comunisti”.
Come se non si rendessero conto che così facendo e dicendo il Governo finisce per difendere una manifestazione neofascista promossa da organizzazioni che – quelle sì – secondo la Costituzione dovrebbero essere chiuse (“il fascismo non è una opinione, è un reato”, ci ricordava sempre Pertini), per attaccare invece le forze democratiche e la città medaglia d’oro della Resistenza che a ragione reagiscono allo sfregio. In realtà lo sanno benissimo. Loro sono quelli che stanno cercando di riscrivere la storia. Che poi ci riescano, e che riescano a prendersi Bologna, la vedo duretta.