La scena è grosso modo questa: un’auto accelera a Milano, e in meno di un secondo la nuvola del gas di scarico investe Reggio Calabria. Ora, mettete al posto dell’auto una popolazione di stelle, al posto dell’Italia un’intera galassia e, fatte le debite proporzioni, avrete un’immagine abbastanza fedele del fenomeno descritto per la prima volta sull’ultimo numero di Nature: raffiche di vento molecolare sparate a milioni di chilometri all’ora nel mezzo interstellare, con una potenza d’urto tale da precludere la formazione di nuove stelle, alterando così il processo evolutivo della galassia stessa.
La galassia in questione si chiama SDSS J0905+57, ed è una galassia compatta nella quale è in corso, appunto, un’intensa attività di formazione stellare. A registrare il fenomeno, tracciando con le sei antenne dell’interferometro millimetrico di Plateau de Bure – sulle Alpi francesi – gli spostamenti delle molecole di monossido di carbonio (sì, proprio loro, quelle del gas discarico), un team di radioastronomi guidato da James Geach, della University of Hertfordshire, nel Regno Unito.
La scoperta è avvenuta un po’ per caso, racconta Geach: «Eravamo partiti con l’intenzione di misurare nient’altro che la quantità di gas denso presente in SDSS J0905+57. Ma quello che ci siamo trovati davanti è sorprendente: buona parte del gas viene sparata fuori dalla concentrazione di stelle presenti al centro della galassia stessa. Stiamo assistendo a un’interruzione violenta del processo di formazione stellare, e il meccanismo che vi sta dietro offre un nuovo e importante indizio per comprendere l’evoluzione delle galassie».
In realtà, di venti galattici sufficientemente potenti da innescare una retroazione (un feedback negativo, lo chiamano gli scienziati), abbassando così la “fiamma” della galassia e dunque riducendo il ritmo di formazione stellare, già se n’erano osservati anche altrove. La novità, in questo caso, sta nella sorgente dell’emissione: non un buco nero supermassiccio e iperattivo, bensì le stelle stesse.
«Assistiamo da alcuni anni al “rincorrersi”, fra galassie starburst (galassie con intensa formazione stellare) e nuclei galattici attivi, per il ruolo di causa principale della formazione dei venti molecolari diffusi su scale galattiche e ad alta velocità, nonché del cosiddetto feedback cosmologico. Le evidenze osservative mostrate in questo lavoro», commenta Massimo Cappi, astrofisico all’INAF-IASF Bologna, «tenderebbero a favorire la prima ipotesi, ossia che sono le zone di formazione stellare ad accelerare questi venti molecolari massicci, fino ad oltre 1000 km/s, e ben oltre le dimensioni standard della galassia stessa».
«Il passo successivo dovrebbe essere quello di cercare d’escludere che non vi sia tutt’ora, o non vi sia stato in passato, un nucleo galattico attivo al centro della galassia, in grado anch’esso di accelerare questi venti molecolari per diversi milioni di anni, e a queste importanti velocità. Sarebbe interessante, per esempio», suggerisce Cappi, «capire se questa galassia mostri evidenza ad altre lunghezze d’onda – come i raggi X – di venti di gas ad alta velocità, come ultra-fast outflows o analoghi. Ma si tratta comunque di un risultato interessante per capire meglio il meccanismo di accelerazione e rifornimento di questi venti molecolari, e il loro impatto potenziale per la formazione delle galassie».