Sulle pagine del Corriere della sera, la virologa Ilaria Capua parla di K, il fattore di dispersione virale. Non tutti infatti diffondono il covid allo stesso modo: “Come amplificatori del fenomeno pandemico non siamo tutti uguali. Alcuni di noi, a causa della convergenza di più fattori, riescono a sviluppare proprio ‘l’effetto elicottero’”.
Si chiamano i super-spreader: individui spesso asintomatici (almeno durante l’evento del contagio) che sono avvolti da una nuvola di virus a concentrazioni altissime che con l’aiuto di alcuni accorgimenti può essere trasformata anche in migliaia di contagi.
La virologa si domanda se determinati modi di parlare – come le inflessioni dialettali – possano favorire la diffusione del virus.
Allo stesso modo mi incuriosisco su alcuni difetti di pronuncia — come il sigmatismo, meglio noto come zeppola — forse possano creare un volume di goccioline maggiore a quello che emetterebbe chi non l’ha o ha l’erre moscia. Insomma la K della pandemia del 2020 ci ricorda che ognuno di noi è individuo, unico, irripetibile e speciale. Pur sempre parte di una comunità, però.