Remuzzi: "Tra gli operatori sanitari non ci sono no-vax ma tanti dubbiosi, meglio dialogare"

Il direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: "Con gli intimoriti dalla velocità con cui è stato sviluppato la cosa più semplice e più giusta sia parlare con loro in modo aperto e spiegare".

Giuseppe Remuzzi direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri
Giuseppe Remuzzi direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri
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29 Dicembre 2020 - 15.58


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Parole che vogliono aprire un dialogo, fino a quando sarà possibile: “Io di medici contrari al vaccino anti-Covid non ne ho incontrati. Può darsi che sia perché non ne conosco, perché le persone che frequento sono più vicine al mio modo di pensare e io il vaccino l’ho fatto fra i primi. Ma non credo che quella quota di sanitari che si stima dirà no all’iniezione scudo sia tutta no-vax. Credo siano più i dubbiosi dei no-vax. Gli indecisi, gli intimoriti dalla novità del vaccino o dalla velocità con cui è stato sviluppato. E credo che la cosa più semplice e più giusta sia parlare con loro in modo aperto e spiegare”.
E’ la riflessione di Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs.
L’esperto è stato fra i volti del V-Day lombardo. Si è vaccinato ad Alzano Lombardo nella Bergamasca, in uno dei luoghi simbolo della violenza della pandemia. “Non ho avuto nessun problema. Ieri (il giorno dopo il vaccino, ndr) ho anche percorso 5-6 km in mezzo alla neve”, sorride.
“Può darsi – spiega – che ci sia qualcuno fra medici e operatori sanitari in generale che abbia qualche timore in rapporto a questo vaccino a mRna, mai fatto prima. Tuttavia, sia quello Pfizer che l’altro sviluppato da Moderna coinvolgono una tecnologia nuova ma familiare agli scienziati, in quanto gli studi al riguardo sono cominciati già nel 2014 per altri vaccini”, fa presente.
Remuzzi evidenzia che “ci sono due approcci possibili verso i no-vax. Archiviarli con disprezzo come qualcosa di irrecuperabile, come stupidi. Oppure prendere seriamente le loro obiezioni e cercare di mettere sul tavolo quello che sappiamo. Ritengo questa seconda via più utile. Dobbiamo dire loro che non esistono vaccini al 100% efficaci, anche se questi anti-Covid lo sono molto più di quanto ci aspettavamo. Ancora, dobbiamo dire che non ci sono vaccini al 100% sicuri anche se questo è molto sicuro, perlomeno a breve termine. Gli effetti collaterali sono pochissimi e si tratta di disturbi transitori, come febbre che va via nel giorno di ore o in un giorno, mal di testa, dolori articolari e muscolari, che vanno tutti via. E anche le reazioni allergiche di cui si è parlato per alcuni episodi sono rarissime”.
Dunque, continua Remuzzi, “io credo che se si spiega tutto questo si convince la quota di persone che hanno dubbi. E si ottengono sicuramente più risultati che mettersi sull’altra sponda e disprezzare e ignorare chi ha paura del vaccino. Per me, ribadisco, sono più intimoriti dalla novità che no-vax. Anche perché la percentuale di veri no-vax è molto piccola nella popolazione e anche fra i sanitari. La cosa bella è che ci vacciniamo anche per loro e dovremmo spiegarglielo che saranno protetti se la campagna va a buon fine in tempi rapidi grazie al fatto che tutti gli altri sono ‘pro-vax’. Come gli va detto che prendendo la malattia si rischia molto di più che facendo il vaccino”.
Il vaccino a mRna “utilizza questo Rna messaggero per dare istruzioni al nostro organismo e fargli produrre la famosa proteina Spike – ricorda il direttore del ‘Mario Negri’ – Il sistema immune la riesce a intercettare”, si sviluppano anticorpi, “e quando in futuro entrerà in contatto con Sars-CoV-2 riconoscerà la proteina e attaccherà”. Il vantaggio di questo tipo di vaccino è che “è più facile produrre grandi quantità di Rna che codificano per Spike piuttosto che costruire in laboratorio la proteina Spike o usare virus inattivato. Non ci sono tanti gruppi in grado di farlo e sia l’involucro lipoproteico che il mRna si degradano facilmente. Il vaccino Pfizer va infatti tenuto a meno 70 gradi e qui c’è lo svantaggio: questo creerà difficoltà soprattuto quando andrà distribuito ai Paesi in via di sviluppo”.
L’esperto insiste sull’importanza che il vaccino contro Covid “non si fermi solo nei Paesi ricchi. Non avremmo risolto il problema, perché questo virus gira dappertutto e di questo ce ne siamo resi conto fin da subito. Da quando è comparso in Cina. E prima che ce ne accorgessimo era già da noi”.

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