L’accusa è stata netta: “I tecnici che hanno preso le decisioni – e non voglio criticare il ministro – la pandemia l’hanno vista solo in televisione. Non sono mai state prese in considerazione quelle persone che hanno affrontato la pandemia sul campo e hanno visto quello che stava succedendo”.
E’ la critica del prof. Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, a Dimartedi, su La7.
“Ci sono i politici, ci sono i tecnici e c’è il virus. Penso che l’agenda la detti il virus – chiosa Crisanti -. Se non riusciamo in qualche modo ad anticiparlo, l’agenda sarà sempre dettata dal virus. Il fatto di aver chiuso gli impianti sciistici all’ultimo momento è dettata da decisioni prese ad ottobre, a novembre, quando non abbiamo pensato in tempo che in presenza di trasmissione si sarebbero generate le varianti, come stava avvenendo in Inghilterra e in Israele. Se non ci sta trasmissione non ci starebbero le varianti. Se avessimo chiuso a ottobre, novembre, oggi non avremmo varianti”, conclude Crisanti.
L’agenda la detta il virus e non i politici
“L’agenda la detta il virus non i politici!. Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai 3. “Ricciardi ha fatto benissimo a sollevare l’allarme – ha aggiunto – i politici si sono mossi sempre in ritardo. Il lockdown sarebbe stato necessario sotto Natale, se lo avessimo fatto non avremmo la variate inglese al 20% e potremo programmare questo periodo in maniera completamente diversa”.
“La variante inglese in 15 giorni passa dal 10% al 60-70% con le conseguenze che abbiamo visto in Inghilterra con più di 2000 morti al giorno”, ha affermato Crisanti che pero’ frena sulla maggiore letalità: “C’è ancora un dibattito, perché è molto difficile discriminare l’effetto sulla saturazione del sistema sanitario. Quando ci sono molti casi è chiaro che le persone possano essere curate meno bene”. “Sicuramente – ha continuato – se ha avuto un problema il ministro Speranza è stato quello che è stato esitante di fronte a spinte di parte”. “Se a maggio avessimo prolungato il lockdown di altri 15-20 giorni avremmo azzerato i contagi, avremmo potuto blindare l’Italia – aggiunge -, ma chiaramente c’era chi doveva aprire le spiagge, c’era chi doveva fare le discoteche, è un continuo. L’agenda qui la detta il virus, non la detta il commerciante… Se continuiamo così non ne usciamo”.
Argomenti: covid-19